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Lorenzo Respi
Lorenzo Respi da Carpi (MO)

Abbiamo a che fare con un tempo e uno spazio nuovi. Cosa stai scoprendo o riscoprendo di te?
È paradossale, e quasi assurdo, ma da quando sono stato obbligato a lavorare con una modalità abbastanza inedita per il sistema dell’arte – l’ormai famoso smart working – ho sperimentato quanto sia importante nella vita ‘reale’ il concetto ‘fisico’ di Cronòtopo, lo Spaziotempo teorizzato dalla Relatività ristretta, secondo cui il sistema entro il quale si manifestano i fenomeni fisici è composto dalle tre dimensioni dello spazio e dal tempo. Lunghezza, larghezza e profondità sono le dimensioni ‘reali’ dell’ufficio o dell’abitazione; il tempo, invece, è la permanenza alla scrivania, al computer o al telefono; il fenomeno ‘fisico’, infine, è il lavoro effettivamente svolto e il sistema di riferimento è il suo buon funzionamento in relazione agli altri collaboratori. A prima vista sembra un modo di lavorare ideale, veloce e replicabile, ma la realtà, a mio parere, è molto diversa: se da una parte le distanze si sono annullate riducendo i tempi di aggregazione e di confronto, dall’altra i tempi per organizzare le call e i meeting, la loro durata eccessiva per il numero di partecipanti e gli inevitabili fraintendimenti causati dalla comunicazione frammentaria e dalla condivisione a distanza non hanno, di fatto, né migliorato la qualità del lavoro né favorito lo sviluppo di un modello alternativo virtuoso. Purtroppo, nonostante il supporto delle nuove tecnologie, ritengo che per i professionisti del nostro settore le condizioni di lavoro si siano complicate. Il sistema dell’arte, infatti, si basa essenzialmente sulle relazioni umane e personali che sono penalizzate dal distanziamento sociale. Per farla breve, mi pare evidente che anche il lavoro a distanza tanto smart non è: la tecnologia digitale, anche se immateriale, mostra i suoi limiti di tempo e di spazio e perciò non si sottrae a quella teoria della Relatività ristretta valida per il lavoro tradizionale, perché alla fine tutto si riconduce ai rapporti tra le persone.

Musei e gallerie hanno reagito al momento con la digitalizzazione e la virtualità. Quali sono le tue “strategie” per instaurare nuove relazioni?
Senza entrare nel merito del complesso dibattito sulla digitalizzazione dei Musei e sulla restituzione virtuale del Patrimonio materiale e immateriale – secondo la definizione della Convenzione Unesco ratificata dall’Italia nel 2007 – sfruttando le potenzialità del web 2.0, dei social network e delle piattaforme di condivisione digitali, la mia opinione sull’uso di questi strumenti di comunicazione è cautelativa, e abbastanza critica. Non sono contrario al loro utilizzo, in quanto sono strumenti accessori diventati necessari, ma sono critico su come vengono utilizzati. Mi riferisco alle strategie e alle campagne social che spesso peccano sia per la qualità dei contenuti sia per la programmazione dei post. L’uso emergenziale del digitale per l’arte, la corsa forsennata ad ‘allestire’ spazi museali virtuali – peraltro inadeguati a sostenere il confronto con gli ‘originali’ temporaneamente inaccessibili al pubblico –, il bombardamento continuo di news, l’aggiornamento live o lo stay tuned giustificati “dall’esserci per l’esserci senza esserci” sono azioni che già sul medio periodo risultano fallimentari e in certi casi addirittura controproducenti. La superfetazione di notizie e la sovraesposizione di immagini possono portare disinteresse e disaffezione negli utenti. Per me il rischio concreto è creare una pseudo-dipendenza da intrattenimento culturale che genera una diseducazione diffusa per la cultura, quella ‘reale’ s’intende (tornando al concetto ‘fisico’ di Cronòtopo). In un momento di crisi sociale ed economica così profondo e perdurante nell’immediato futuro, personalmente evito di disperdere energie in progetti troppo superficiali, valuto con più accortezza le relazioni professionali da intrattenere e cerco di tenere alta la qualità del mio lavoro. Ho ritrovato anche il piacere di una telefonata più rilassata con colleghi e amici lontani, in attesa di rivederli. Spero presto.

Stiamo capendo che si può vivere con meno mobilità?
No. Forse stiamo solo accettando (momentaneamente) che sia possa vivere con meno mobilità perché sappiamo che muoversi oggi rappresenta un potenziale pericolo per la nostra salute. Ma cosa accadrà quando supereremo l’emergenza sanitaria e i timori passeranno? Sono (quasi) sicuro che la ripresa della vita normale sarà accompagnata anche dal ritorno alla mobilità, sulle brevi e lunghe distanze. Qualche segnale già ce l’abbiamo, e siamo ancora in piena emergenza; penso, ad esempio, alle continue domande sul “posso uscire a correre? con il cane? e con i bambini? in quanti? per quali motivi? a che distanza da casa? con la mascherina e i guanti?” e via discorrendo. Rinunciare alla mobilità significa ridurre gli interscambi culturali e contrarre gli spazi di confronto tra le persone, limitare la circolazione delle idee e lo sviluppo delle relazioni sociali e professionali. Tutti fattori essenziali e necessari, a mio avviso, per chi si occupa di fare cultura in senso ampio.

Quando tutto questo finirà: una cosa da fare e una da non fare mai più.
Facile la domanda. Difficile la risposta. La cosa da fare al più presto: superare il blocco psicologico causato dall’epidemia e vincere la diffidenza verso gli altri, per evitare condizionamenti peggiori e duraturi nella vita di tutti i giorni. Annullare il prima possibile le distanze culturali abbattendo il muro della paura di relazionarsi normalmente con gli altri. La cosa da non fare mai più: dare per scontato che quello che colpisce lontano da noi, non possa mai arrivare fino a noi. Fingere di non vedere il problema, “perché tanto tocca altri”, genera mostri. Inciviltà.

Ad oggi quali sono state per te le conseguenze immediate della diffusione del Covid-19 sul tuo lavoro e quali pensi possano essere le conseguenze a lungo termine?
Indubbiamente la diffusione del Covid-19 ha segnato una sensibile battuta d’arresto sia ai lavori in corso sia ai progetti che stavano per nascere. L’incertezza sui tempi della ripresa medico-sanitaria ed economica della cosiddetta Fase 2 sta determinando una situazione di stallo generale nella quale c’è ancora chi, ostinatamente, non vuole rendersi conto che non ha (e avrà) più senso programmare e organizzare il lavoro come accadeva fino a pochi mesi fa. E qui vengo al punto sulle conseguenze a lungo termine dell’epidemia. La sfida non sarà quella di prevedere o anticipare al meglio i tempi e le scadenze future – per il semplice fatto che non è possibile fissare una data certa di ritorno alla normalità –, in modo da essere pronti a ripartire di slancio e per primi. La partita, invece, si giocherà su un altro terreno, del tutto inesplorato: il successo dipenderà dalla capacità di ciascun professionista di rimettersi in discussione e di ripensare i contenuti del proprio lavoro realizzandolo concretamente con modalità inedite sia per gli addetti ai lavori sia per il grande pubblico. Sarà obbligatorio fare i conti con restrizioni ‘spaziotemporali’, nuovi protocolli di sicurezza e, soprattutto, con i risvolti psicologici che inevitabilmente rimarranno impressi nella memoria collettiva.

Lorenzo Respi (Milano, 1978). Attualmente è Direttore di Produzione di FMAV – Fondazione Modena Arti Visive, che gestisce il patrimonio culturale di Galleria Civica di Modena, Fondazione Fotografia di Modena e Museo della Figurina. È membro in carica del Comitato Scientifico della Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano, della quale è stato Curatore e Conservatore. Ha fondato All Around Art srl, società di Servizi per l’arte & Editoria. Ha insegnato Istituzioni di diritto per i beni culturali presso l’Università degli Studi di Milano. Recentemente ha curato per lo CSAC – Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma il progetto editoriale di Through time: integrity and transformation of the artwork, programma di mostre e residenze d’artista (Massimo Bartolini, Luca Vitone, Eva Marisaldi) realizzato in occasione di Parma Capitale Italiana della Cultura 2020.
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