• Chi siamo
  • NEWSLETTER
  • Press
  • Rassegna
  • AIUTO (FAQ)
Login / Registrati
LA MIA WISHLIST
Vanillaedizioni

La casa editrice dedicata al mondo dell'arte e della cultura

0 Articoli
€ 0 00

Carrelllo

Vedi Carrello Il carrello è vuoto
  • Nessun prodotto nel carrello
  • HOME
  • SHOP
  • SERVIZI
  • VOLUMI
  • EBOOK
  • COLLANE
    • the painter’s room
    • PageNotFound
    • Vanilla Pocket
    • YAB
  • CROWDFUNDING
  • NEWS
    • #acasatuttibene
    • Eventi
    • Volumi
    • Ebook
    • Crowdfunding
    • Promo
  • CONTATTI
Torna in alto ↑

Home | Blog

Set17

Casa Jorn e la ceramica contemporanea: la residenza artistica di Salvatore Arancio

Con questo appuntamento MiramART riparte dall’incontro dello scorso anno, che aveva visto la Casa Museo Jorn di Albissola Marina in dialogo con l’Art House creata da Adrian Paci a Scutari.
Quest’anno con Casa Museo Jorn verrà approfondito il tema della ceramica nell’arte contemporanea, prendendo spunto dalla residenza artistica di Salvatore Arancio.

Ne parleranno Sabato 26 Settembre alle ore 17.30* al Grand Hotel Miramare di Santa Margherita Ligure, Luca Bochicchio, direttore di Casa Museo Jorn, l’artista Salvatore Arancio, Paola Nicolin direttore The Classroom, Milano e Laura Borghi, fondatrice Officine Saffi, Milano.

Durante l’incontro verrà presentato il volume Salvatore Arancio. Like a sort of Pompeii in Reverse, Vanillaedizioni 2020 – Collana MuDA BOOKS.

Al termine del talk, sarà presentata un’opera inedita, in edizione limitata, creata da Salvatore Arancio a favore del programma culturale di Casa Museo Jorn.

Salvatore Arancio, Like a Sort of Pompei in Reverse, 2020, photo-etching on paper, 50 x 38.5 cm. Ed. 20 + 5 APs. Each uniquely hand painted by the artist. Courtesy of the artist

L’incontro è promosso in collaborazione con Collective e Amici di Casa Jorn.

Info e r.s.v.p.: miramart@grandhotelmiramare.it
www.facebook.com/MiramARTcontemporanea
Per info sul multiplo di Salvatore Arancio: amicidicasajorn@gmail.com

*ATTENZIONE: A causa dell’emergenza Covid-19 e del contingentamento necessario, è necessaria la prenotazione altrimenti non è garantito l’ingresso.

Lug02

Marco Scotini

#acasatuttibene. Marco Scotini: abolire dal linguaggio internazionale l’attributo “smart”!

Marco Scotini da Milano

La tua nuova ritualità quotidiana…
Una sorta di teatro il cui copione è scritto da qualcun altro. Le interdizioni sono molte di più delle possibilità d’azione. Una sorta di decalogo a cui siamo costretti ad attenerci. Come non uscire, cosa indossare, cosa è severamente vietato fare, come rimanere totalmente disinformati, come essere travolti dal terrore, come fare della separazione il massimo valore sociale, come diffidare di qualunque altro, come gridare all’untore, all’emigrato, alla persona di colore… Potrei fermarmi qui. Se non che, in questo teatro, a volte si cerca brechtianamente di estraniarsi, di togliersi la maschera. E ci succede anche di pensare, di leggere qualche pagina memorabile, di scriverne qualcuna passabile, di guardare qualche bella immagine di un film che avremmo sempre voluto vedere.

Com’è cambiato il tuo modo di lavorare?
Non è cambiato solo il modo di lavorare ma la vita come tale. Se quella di prima non era vera, questa sappiamo che è totalmente contraffatta. Se c’è una parola che vorrei abolire dal linguaggio internazionale è l’attributo inglese “smart” per quanto mi appare criminale… la smart city è un carcere perfetto, lo smartphone ci rende stupidamente compulsivi e, dello smart working, è meglio non parlare. Quello che mi ha veramente provato in questa esperienza è stato, di fatto, come il dramma sanitario sia stato l’occasione di un profluvio di inarrestabili retoriche sul potere dell’intelligenza artificiale, sull’impossibilità di frenare, di concepire un limite. La macchina è perfetta e gli algoritmi non consentono errori…

Abbiamo a che fare con un tempo e uno spazio nuovi. Cosa stai scoprendo o riscoprendo di te?
Sto facendo esperienza di cose a cui stavo pensando da un pò di tempo. Il viverle in negativo le rende urgenti, necessarie: l’interdipendenza tra le cose umane ed extra-umane, una natura ripensata radicalmente dentro di noi e non come un fuori, l’orrore della cultura patriarcale, il diritto universale a respirare – come proprio ora ha scritto qualcuno.

Cosa ti manca? La tua personale esperienza dell’“assenza” e della “mancanza”.
La mia biblioteca! Purtroppo sono rimasto bloccato nella mia casa di Milano, mentre conservo la biblioteca nella casa di Cortona. Ogni biblioteca non è un cumulo ingente di libri ma uno spazio pieno di fantasmi, una ricchezza di presenze che ci sono e non ci sono. Vite infami, misteriose, condensate: cellule, microcosmi, unità indivisibili, opportunità mancate. Togliere libri da uno scaffale e metterli in un altro, può significare cambiare un ordine alla storia. Aggiungere un semplice libro in quello stesso scaffale magari comporta il fatto di stravolgerne il senso. Raccoglierne alcuni apparentemente eterogenei vuol dire creare un nuovo senso. Ogni libro ci rimanda a un tempo, a una figura, a uno spazio. Ad un passato, ad un presente, a un futuro. L’insieme cartaceo sta per un mondo di possibilità, di anacronismi, è il caos (umano, troppo umano) che ci piace abitare e dove non corri il rischio di ritrovarti solo.

Come immagini il mondo, quando tutto ripartirà?
Difficile immaginarlo! Il sonno della ragione ha generato sempre mostri. E noi stiamo vivendo una delle pagine peggiori del capitolo neoliberista, autoritario, repressivo e neufeudale. Non so se finirà un giorno lo stato di eccezione… Addirittura: se non lo capovolgeremo sarà permanente.

Marco Scotini è un curatore italiano di base a Milano. È direttore artistico di FM Centro per l’Arte Contemporanea. Dal 2004 è direttore del dipartimento di Arti Visive e Studi Curatoriali di NABA (Milano e Roma) e dal 2014 è responsabile del programma espositivo del Parco d’Arte Vivente (PAV) di Torino. Ha curato il Padiglione Albanese alla Biennale di Venezia (2015), tre edizioni di Prague Biennale, Anren Biennale (2017) e la Seconda Yinchuan Biennale (2018).

Giu30

Marco Tonelli

#acasatuttibene. MARCO TONELLI: spazzare la retorica del pensiero vuoto e mercenario

Marco Tonelli da Spoleto (PG)

Abbiamo a che fare con un tempo e uno spazio nuovi. Cosa stai scoprendo o riscoprendo di te?
Non so se si possa ancora parlare di un “noi” generalizzato e condiviso, come fosse un sistema o un organismo più o diversamente consapevole, ma di certo la soggettività occidentale ha risentito di questa ultima scossa, che è durata troppo poco per cambiare la struttura dello spazio e del tempo. Però ci ha dato la possibilità di viverli e immaginarli diversamente. Credo che questa possibilità, toccata con mano, ci abbia lasciato un segno, destinato a manifestarsi in futuro, come le crepe sui muri o le incrinature di un vetro. Abbiamo riscoperto, se mai ce ne fosse stato bisogno, la nostra fragilità, debolezza e paura.

Stiamo capendo che si può vivere con meno mobilità?
A livello privato questo è stato il benessere di cui abbiamo più goduto: rallentamento dei ritmi, sospensione temporanea del nomadismo, spesso nevrotico e incontrollato, durante le nostre relazioni sociali e/o professionali. La qualità di una persona non può essere data solo dal suo presenzialismo, dai suoi mezzi economici che lo facilitano nello spostamento, ma da ciò che uno ha da dire. Non insomma da quanto si vede o quanto parla, ma da cosa dice. Tornare ai contenuti del discorso, dell’opera d’arte, della scrittura sarebbe una salutare pandemia per spazzare la retorica del pensiero vuoto e mercenario.

Ad oggi quali sono state per te le conseguenze immediate della diffusione del Covid-19 sul tuo lavoro e quali pensi possano essere le conseguenze a lungo termine?
Avere ancora più consapevolezza della necessità di pensare e vivere in modo diverso, non adeguandosi a quel ritmo, quasi obbligato, in cui la contemporaneità iperconnessa, politically correct, trasparente, alla portata di tutti, ci impone per essere. Mentre in realtà, sfruttando questi pur nobili concetti, si portano avanti pensieri omologanti, di mercato, apparenza, moda, opportunismo del momento. Se vogliamo la conseguenza più immediata che poi riguarda il lungo termine è semplicemente comprendere ancor più a fondo che essere contemporanei qui e adesso non vale niente se non si è, prima ancora, consapevoli del passato e con una visione rivolta al futuro.

Marco Tonelli (Roma, 1971). Dopo Laurea, Specializzazione e Dottorato di Ricerca, la sua attività si è divisa tra incarichi istituzionali (Responsabile ufficio mostre Quadriennale di Roma, Assessore alla cultura del Comune di Mantova e attualmente Direttore artistico di Palazzo Collicola a Spoleto) e di docenza presso Accademie di Belle Arti. Ha curato progetti legati alla scultura presso Palazzo Ducale a Mantova o all’arte urbana per la Fondazione Museo di Montelupo Fiorentino, concentrando le sue ricerche su artisti come Pino Pascali, Leoncillo, Francis Bacon (dei quali ha scritto monografie e saggi) o su contemporanei come Fabrizio Plessi. Ultimi progetti realizzati: la mostra Paolo Canevari: Materia scura presso Palazzo Collicola e il libro La scultura di Alberti Burri: opera inversa (1978-1992) pubblicata dalla Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri.
www.palazzocollicola.it

Giu25

Martina Cavallarin, STUDIO Contemporary Art, Venezia

#acasatuttibene. MARTINA CAVALLARIN: vivere nello spazio anziché nel tempo

Martina Cavallarin da Venezia

Abbiamo a che fare con un tempo e uno spazio nuovi. Cosa stai scoprendo o riscoprendo di te?
Ho letto in questo periodo Lo Studiolo, di Giorgio Agamben. Lo Studiolo era la piccola stanza in cui il principe si ritirava per meditare o leggere, circondato da quadri e oggetti che amava in modo speciale. Ma in questione, lì, non è uno spazio privato, ma un’altra esperienza del tempo, che concerne ciascuno di noi. Ecco, oggi in questo tempo sospeso per la prima volta ho sentito di vivere nello spazio anziché nel tempo, ma forse si tratta solo di vivere un’altra esperienza del tempo.

Stiamo capendo che si può vivere con meno mobilità?
L’essere umano vive nel tempo mentre dovrebbe vivere nello spazio, dovrebbe riuscire a sganciarsi dall’affanno del trascorrere per srotolare energie in una dimensione davvero propositiva. Utopico pensare di scindere le due cose, eppure auspicabile giacché, in transito nel nunc, potremmo cercare di ambientarci nell’hic.
Mi sembra, questo, del d. C. (dopo Coronavirus), un tempo ucronico. Ucronia s. f. [dal francese uchronie (voce coniata dal filosofo Charles Renouvier nel 1876), der., con u- di utopie «utopia», dal gr. χρόνος «tempo, periodo di tempo»], raro. – Sostituzione di avvenimenti immaginari a quelli reali di un determinato periodo o fatto storico. Ora siamo obbligati a ripensare a tutto quello che di negativo e di positivo abbiamo sperimentato e scoperto durante questo tempo estremo; un tempo vissuto nella sospensione di futuro e passato, ora che il presente si è fermato. Abbiamo alle spalle un passato da correggere e davanti ci si prospetta un futuro a rischio.  Stiamo vivendo il cambiamento in una contrazione temporale inedita, inaudita e inattesa. Ci siamo arrivati per causa di forze maggiori: l’imprevedibile ci ha raggiunto in modo repentino e drammatico, e ora ci obbliga a rinegoziare il nostro patto con la sopravvivenza e con il progresso. Due orizzonti che oggi più di ieri si mostrano contrapposti e non allineati.

Cosa ti manca? La tua personale esperienza dell’“assenza” e della “mancanza”.
L’artista contemporaneo è in stato di moto, il movimento iniziato con il motore modernista prosegue; la metafora dell’erranza si ritrova anche nell’opera Horses Running Endlessly di Gabriel Orozco. Il transito del passante nello spazio urbano è comparato alla mossa del cavallo negli scacchi. Vivo a Venezia e conosco bene questo faticoso transito. La devastante rapacità della politica ha portato un turismo inetto, bulimico, spregiudicato, inconsapevole, tremendamente massificato. Ecco, tra tempo e spazio, mi sono sentita catapultata nell’assenza della mossa del cavallo; e non mi manca.

Martina Cavallarin. Critica d’arte, curatrice indipendente e saggista, si occupa di Arti Visive contemporanee con uno sguardo che spazia tra differenti linguaggi e necessarie contaminazioni. Progetta e cura mostre internazionali e pubblica libri e cataloghi distribuiti in Italia e all’estero. L’interesse della sua ricerca si focalizza sull’indagine dei sistemi relazionali e sociali attraverso progetti artistici e formativi che coinvolgono la cultura contemporanea e la sfera umana. Svolge corsi e workshop a l’Accademia di Belle Arti di Venezia, e allo IED Istituto Europeo di Design sede di Venezia. Nel 2019 è curatore di 10 X 100 Fabbrica d’arte contemporanea, un progetto Arte / Impresa della Giovanardi spa e a Venezia fonda e dirige STUDIO Contemporary Art. Nel 2020 è chiamata a presiedere e dirigere l’Associazione culturale 5400K SPERIMENTAZIONE ARTE E DESIGN. È membro della commissione promossa dall’Assessorato alla Cultura di Treviso per la costruzione, ristrutturazione e programmazione del Bailo, Museo Civico d’Arte Moderna e Contemporanea.
https://www.museicivicitreviso.it/it/le-collezioni/museo-luigi-bailo/museo-luigi-bailo

Giu23

Giorgia Severi. Foto di Daniele Ferroni

#acasatuttibene. GIORGIA SEVERI: creare microcosmi di resilienza, resistenza, autonomia e libertà

Giorgia Severi da Cervia (RA)

La tua nuova ritualità quotidiana…
In verità la mia quotidianità non è stata significativamente stravolta dal Covid perché vivo in una situazione già leggermente isolata, ossia nella mia azienda agricola in campagna dove sto trasferendo anche lo studio che ora è a qualche decina di km da qui. Rispetto al mio lavoro artistico, il lockdown mi ha proibito di lavorare sul paesaggio in ambiente montano o lontano com’è mio solito fare quindi ho continuato a lavorare ad una serie di arazzi sui quali medito da tempo, ho dedicato molto alla messa a punto della mia opera più grande dedicata all’azione antropica sul paesaggio, la mia azienda agricola, che si è confermata non solo una piccola economia di sussistenza, ma un’isola felice, sana, un microcosmo di resilienza, resistenza, autonomia e libertà. Il Covid-19 mi ha confermato che la scelta è stata giusta. Se non fosse stato per la necessità di alcuni materiali di lavoro e alcune commissioni che ci costringevano ad uscire, noi qui non ci saremmo nemmeno accorti di cosa stava accadendo fuori. Devo ringraziare Joseph Beuys che studiavo in accademia, e ha impresso dentro di me l’idea che l’uomo non possa assolutamente essere separato dalla natura e dalla cultura.

Con quali oggetti e spazi del tuo quotidiano stai interagendo di più?
Trascorro molto tempo all’aperto in campagna nella nostra proprietà, lavorando e facendo ricerca come sempre sulla natura, le piante e il paesaggio. Come dicevo sto portando avanti una serie di opere, dei grandi arazzi che richiedono molto tempo e talvolta lascio decantare per poterli vedere con occhi più puliti la volta successiva. Quindi vivo tra casa, studio, azienda agricola e l’ufficio studio.

Cosa ti manca? La tua personale esperienza dell’“assenza” e della “mancanza”.
Cosa mi manca? L’“estroflessione”, la direzione verso l’esterno e soprattutto la dinamica di progetto in corso d’opera e in divenire in un luogo che mi interessa per questioni geologiche o per problematiche ambientali. Sono abituata a viaggiare e spostarmi molto, quindi in questo momento sento fortemente il radicamento, che non disdegno, ma se posso dire che mi manca qualcosa è l’avventura che ogni progetto lontano mi porta a respirare e sperimentare, visto che ogni volta è un’incognita per motivazioni metereologiche e logistico-ambientali dovute al fatto che si sta lavorando sul paesaggio in maniera attiva, performativa e reale.

Giorgia Severi indaga sul paesaggio inteso come declinazione antropica dell’ambiente naturale pre-esistente. Il suo lavoro è una continua archiviazione di porzioni di paesaggi che stanno andando scomparendo per come li conosciamo ora, o modificandosi molto velocemente per motivi geologici, surriscaldamento terrestre e per azione antropica, come ghiacciai e catene montuose, foreste, deserti e paesaggi dell’uomo stessi intesi come pratiche culturali legate all’ambiente. Questa catalogazione infinita avviene attraverso la realizzazione di calchi e frottage di superfici lapidee o lignee, registrazioni audio e video in ambiente, installazioni e performance.
L’ultimo progetto realizzato ed ancora in corso è ABOUT THE CREATION, iniziato nel 2019 con la più recente serie di opere ROCCA PENDICE dedicate ai Colli Euganei veneti, la serie di arazzi iniziata durante una residenza in collaborazione con Università Cà Foscari di Venezia continua nella realizzazione di grandi arazzi realizzati inizialmente in situ direttamente sulle pareti di roccia, che rappresentano la geologia del luogo, quindi la sua avvenuta, ossia la sua natura, e la sua disfatta in riferimento a ghiacciai che si sciolgono raffigurando, con disegno e cuciture, catene montuose che colano, in un’estetica cruda e grafica che richiama gli antichi arazzi. www.giorgiaseveri.com

1234567891011›»

NEWS > CATEGORIE

  • #acasatuttibene
  • Crowdfunding
  • Ebook
  • Eventi
  • Giochi
  • Promo
  • Rassegna Stampa
  • Volumi

GLI ULTIMI TWEETS

Tweets di @vanillaedizioni


Copyright Vanillaedizioni

IMAGE s.n.c. | Via Traversa dei Ceramisti 8/r, 17012 Albissola Marina (SV) | Tel. +39 019 4500744
Partita IVA/C.F.: 01283170098

Home // Termini e Condizioni // Privacy Policy // Cookie Policy // Aiuto - FAQ // Contatti
designed by Villcom.net

Attention: starting from 2020 it will be possible to place orders that include shipments only to Italian addresses. Do you live abroad? Let's contact us!
Ignora

Utilizziamo i cookies per essere sicuri che tu possa avere la migliore esperienza sul nostro sito. Se continui a navigare sul nostro sito accetterai l'uso di tali cookies. Consulta la Cookie Policy per maggiori informazioni.AccettoLeggi di più