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#ACASATUTTIBENE. APPROFONDIMENTI SULLE OPERE

#ACASATUTTIBENE. APPROFONDIMENTI SULLE OPERE

Frasi, pensieri e suggestioni che accompagnano i lavori di alcuni artisti.

ILARIA ABBIENTO

La mia pratica artistica si concentra sul tema del paesaggio, sull’elemento fluido dell’acqua di mare e sul Mediterraneo. Dal 9 marzo 2020, a causa delle restrizioni del Covid-19, non posso più raggiungere la costa, passeggiare sulle rive e svolgere il mio azzurro esercizio quotidiano. Confinata tra le mura della mia dimora provo a semplificare la misura di una distanza inventando nuovi paesaggi.

Posso chiudere gli occhi per immaginare il mare.

ENRICO TEALDI

Racconto dall’esilio
Lo sguardo passa su tutta la stanza, su ogni cosa, vorrebbe posarsi, ma non può perché ogni oggetto chiede la mia attenzione, anche quelli che sono chiusi, negli armadi, sembrano chiamarmi. I cristalli, gli specchi, i quadri, l’odore di una stanza lasciata sola. E poi le sigarette che disegnano tutto e non lasciano nulla. La nostalgia è questo, una stanza ingiallita dal fumo delle sigarette di chi è andato via. Resto qui, perché non posso andarmene e non so neppure dove andare, se potrò volare dall’altra parte del mondo, oppure mi basterà attraversare la strada, e capire di aver, comunque, attraversato la vita. Il mondo può stare in una stanza. Forse sto bene anche qui, anche così, in questo esilio, dove parlo con tutto, e ogni desiderio diventa una preghiera seppur muta, una gioia. Ho parlato di tutto e ho anche litigato con l’aria.
Enrico Tealdi, primavera 2020

PAOLO TROILO

L’opera è stata venduta (insieme ad altri 15 schizzi su carta) per aiutare gli ospedali della Lombardia Colpiti dal Covid-19 attraverso una donazione su un sito online indicato dalle strutture stesse.

ANDREJ MUSSA

ANTOLOGIA DEL SILENZIO
Qui, ogni gesto creativo è ritrovato nella durata del sentimento. Fuori dalla finestra… la fenomenologia dello sguardo: Andrej Mussa dissoda la verità pittorica. Ne fioriscono nuovi proverbi iconografici. Il mondo è breve, vicino… la sua pittura primitiva affonda le radici nell’humus impastato con i colori. Così il fango, come allora, cola prezioso a rigare il manto dei fossi e si raggruma fra gli steli. Le gemme annunciano ancora amore… i giorni della fertilità, “composta” attraverso la configurazione pittorica naturalistica. È l’arte questa, antica depositaria della vita che si riaccende e si rinnova giorno dopo giorno sulle forme stesse della nostra quotidianità perduta…

ALESSANDRA BALDONI

Ascolto ciò che nascosto tace, l’ombra nonostante la luce. Nelle pareti, dentro gli armadi sotto il letto. Nel piatto sbeccato in cucina. La carta da parati è un atlante rovesciato, dietro la superficie ci sono mappe di terre sommerse. Resoconti di storie antenate. Le porte si aprono all’indietro: la casa è il luogo dei sogni e dei segni. Il corpo si fa domestico, prende la forma di questa inquietudine in cattività. Il lavoro mette in scena il mio rapporto con la casa, racconta il legame tra mura e cuore, tra stanze ed immaginazione in un periodo di forzata reclusione, diario scomposto di giorni che allungano a dismisura i pensieri.

MICHELE GIANGRANDE

La ricerca di Giangrande naviga da tempo verso la concretizzazione del terzo e quarto capitolo della tetralogia degli elementi cominciata con BUNKER (la terra, 2018) e seguita con THE HYPERZOO (l’aria, 2019).
Si tratta di progetti molto complessi, articolati e itineranti come i precedenti capitoli: installazioni metamorfiche ed esperenziali, performance, sound art, light art, arte partecipata e relazionale, scene e costumi, film/documentari e progetti editoriali senza tralasciare l’aspetto didattico a cui l’artista tiene particolarmente.
L’opera La briglia dell’angelo apre il ciclo dedicato al fuoco intitolato VOLCANO.

CARLA IACONO

Evolutionary Road è una riflessione sulla fragilità umana, drammaticamente evidenziata dalla pandemia in corso, che sta minando quell’idea di onnipotenza radicata ed alimentata da capitalismo e globalizzazione non sostenibili; l’evoluzione naturale non si ferma, e basta un microrganismo per mettere in discussione le certezze. Richiama anche la difficoltà di comunicare, oggi amplificata a tutti i livelli: dalle istituzioni che non trovano una visione comune a molti nuclei familiari, costretti a convivenze complicate; con un gioco di parole il titolo si rifà a Revolutionary Road di Richard Yates, romanzo che narra la difficile vita di una coppia tra nevrosi, bugie e litigi. Ma forse proprio l’umile riconoscimento della nostra fragilità potrà aiutarci a ritrovare un rapporto costruttivo con gli altri.

ELEONORA ROARO

Cause di morte è un progetto per un romanzo dalle tinte noir attualmente in fase di lavorazione che mette in luce gli squilibri interni al sistema dell’arte e indaga temi come il voyeurismo digitale, le emozioni ai tempi dei social media e la cultura dello stupro. La storia, costellata da descrizioni di opere d’arte e ambientata tra il 2014 e il 2019 principalmente tra Milano e Torino, segue le vicende di una giovane artista visiva, il suo complesso legame sentimentale con un regista e le ragioni che portano alla sofferta decisione finale.

ELASTIC GROUP OF ARTISTIC RESEARCH

L’immagine fotografica presenta una visione dall’alto che disseziona un piccolo cubo di legno trafitto da viti a spirale, una specie di micro abitazione – uno spazio di vita confinato in un cubo – quasi a descrivere l’osservazione di un organismo al microscopio, chiuso in una scatolina, fatto di sprazzi rossi e neri, di macchie, di gocce di vernice fresca come sangue; macchie che donano un effetto drammatico e cinematografico di suspense, come la condizione esistenziale in cui siamo attualmente costretti a vivere. In a box è il ritratto collettivo della nostra circostanza.

SILVIA MARGARIA

(…)
Since then, at an uncertain hour,
That agony returns:
And till my ghastly tale is told,
This heart within me burns.

I pass, like night, from land to land;
I have strange power of speech;
That moment that his face I see,
I know the man that hear me:
To him my tale I teach.
(…)
He went like one that hath been stunned,
And is of sense forlorn:
A sadder and a wiser man,
He rose the morrow morn.”

_Samuel Taylor Coleridge
The Rime of the Ancient Mariner

ROBERTO GHEZZI

La scultura fa parte di una installazione che sto realizzando, composta da più elementi scultorei dove il cemento unisce resti naturali (radici, resti di alberi, cortecce, ecc) reperiti nel mio giardino. È un primo tentativo di riscoprire un luogo naturale per troppo tempo trascurato, partendo dai resti degli elementi arborei, fino ad arrivare ad altre forme di interazione più complesse come le naturografie.

SILVIA BIGI

La serie di lavori From dust you came (and to dust you shall return) nasce dal tentativo di ricavare un nuovo pigmento grattando la superficie di una fotografia. Il pigmento ottenuto non è puro, né minerale: è il risultato dei molti processi di interpolazione di dati e di stampa. Nel suo manifesto The first man was an artist, Barnet Newman affermava che le prime rappresentazioni umane erano primariamente un grido artistico e poetico. I primi pigmenti estratti dall’uomo erano in effetti terre, usate nelle prime pitture rupestri, come dimostrano le grotte di Lascaux. Con questa azione cerco di chiudere un cerchio, riconnettendo la mia pratica a quel grido originario: cominciammo dal pigmento naturale a rappresentare il mondo. Il mio nuovo pigmento porta con sé questa natura atavica e contemporaneamente tutti i detriti della nostra Era, che ne rappresentano una qualità intrinseca. La polverizzazione del mio archivio fotografico famigliare trasforma la mia memoria privata in memoria collettiva; un ex-voto per l’arte e le sue pratiche, che sono state – e continuano ad essere – il più importante sismografo e strumento di comprensione del mondo in cui viviamo.
Nella seconda parte del mio lavoro, condenso la polvere ottenuta in oggetti dalle sembianze di rocce e pietre. Sono elementi artificiali, che nulla hanno a che vedere con l’origine del tutto, ma che con quella origine forzatamente coesistono. Perché il nostro passaggio non sia dimenticato, le fotografie e ciò che esse rappresentano, i volti e le figure che raccontano la nostra storia, vengono tradotte nel linguaggio della Terra, trasferite in oggetti carichi di memoria e allo stesso tempo lontani da ogni riferimento iconografico.

VIRGINIA ZANETTI

Durante la quarantena ho inizialmente sospeso tutto, trovarmi nel vuoto e nella concretezza di giornate scandite da poche necessità mi ha dato un senso di sollievo.
Nell’emergenza, l’atto creativo – trasformare il veleno in medicina – si è spostato all’interno della vita stessa e ho cercato di metterlo al servizio della collettività con altre forme, l’arte si è avvicinata alla vita ancora di più, ma la cultura e la poesia, si rivelano ancora l’unico mezzo per sconfiggere il Tempo. Così ho tenuto una sorta di diario della quarantena attraverso disegni e brevi frasi con la tecnica dell’acquerello. Alcune di queste frasi le ho ricamate su alcuni capi di abbigliamento che avevo in casa. Il ricamo e l’acquerello sono tecniche che amo per la loro capacità di indurmi alla meditazione, con lo scopo immediato di calmare la mente. Queste frasi ricamate sono poi diventate una serie di poesie da indossare.

NERO (ALESSANDRO NERETTI)

Immagine dal backstage presso Fabbrica Alta (Schio/VI) del progetto Grace_2020 per la casa di moda Mario Costantino Triolo, in collaborazione con l’attore Giuseppe Sartori.

TIZIANA E ISABELLA PERS

Blindfolded è stato concepito a partire dal progetto nato all’interno di GuilmiArtProject 2017, NDP a cura di Pietro Gaglianò.

Incapaci di vedere al di là del nostro respiro, ci ossigeniamo attraverso filtri, per non aver compreso il soffio dell’altro, il suo desiderio come il nostro: l’alito inascoltato di una pluralità interconnessa, sopra e sotto la terra, e in ogni dove.
E guardiamo ai nostri figli e figlie, della nostra e di ciascuna specie, ai nascituri di domani e a ogni vivente sulla terra, con la vertigine di chi non sa, e non sa cosa volere.
Quando sarebbe così semplice, invece, alzare la testa dalle schermaglie quotidiane e guardare più in alto e più lontano (1), dove gli occhi si moltiplicano, dove cadono frantumate le barriere tra l’io e il noi, in un luogo e in un tempo ancora da immaginare.

(1) Norberto Bobbio, da Destra e sinistra

LAPO SIMEONI

L’opera prende come base di ispirazione l’immagine del quadro Annunciazione tra i Santi di Simone Martini per successivamente espandersi in una ricerca spirituale tra elementi e ricordi familiari fino a congiungersi con l’oggetto abbandonato poi ritrovato. Interpretando gli oggetti attraverso una visione olistica, l’opera diventa tavola di confronto su alcune delle fasi temporali dell’artista. Vengono assemblati frammenti di opere meno recenti, ricordi della madre applicati sulla struttura, ampliando il dialogo con se stesso e con il fruitore.

SILVIA CAMPORESI

«Ho passato questo tempo tentando di guardare le cose di sbieco, non per quello che sono ma per ciò che potrebbero essere. Così è nata una nuova serie, fatta di visioni domestiche, di piccoli tesori scoperti fra le crepe dei muri, fra i giochi delle bimbe, fra le curve più inaspettate degli oggetti».

ERICA CAMPANELLA

“Noi madri assistiamo a volte inermi al sacro cambiamento di quel corpo che pensavamo di conoscere millimetro per millimetro”.
Un nuovo neo, una forma diversa, una piega che prima non c’era. La serie nasce con l’intento inconsapevole di costruire una galleria di immagini, di ricordi della vita delle mie figlie.

NICOLA BERTELLOTTI

La situazione d’immobilità relazionale e sociale dovuta al dramma dell’emergenza sanitaria in corso ci impone di rimanere in casa per evitare la diffusione del contagio. Questo sta necessariamente piegando quello sguardo che prima era normalmente proiettato verso problemi esterni e allenato a un certo dinamismo, verso l’interno di sé stessi, verso l’ambiente familiare, verso problemi che ci ricordano e ci fanno riscoprire la dimensione dell’abitare. Questo periodo ci riporta in qualche modo a riprendere i contatti umani con i nostri cari; famiglie normalmente smembrate si riuniscono attorno al focolare di casa. Ho scelto questa mia opera ispirato dalle parole di Heidegger: “La sede dell’esser-di-casa è il focolare (Heimat) […] in virtù del fuoco, il focolare è la sede domestica dove ogni cosa diviene presente nella cerchia dell’appartenenza e dell’intimità di casa.”

GINO D’UGO

In un momento di quarantena si convive in casa con cose che sono lì da tempo, irrisolte: situazioni mentali estetiche e pratiche, un oggetto comunica maggiormente con l’intimo quotidiano.
Un’applique mai scelta (che ne faccio di te?), cosa “comprare” per risolvere il problema.
Pochi giorni prima mi è passato per la mente un pensiero riguardo all’arte, per cui il processo artistico possa risolvere un quesito semplicemente incorniciandolo, rendendolo evidente oggetto di domanda.
Ma nello stare d’obbligo in casa in un momento così “distopico” tante funzioni domestiche, che siamo abituati a pensare come scontate, come anche una semplice lampadina, fanno pensare anche a quanto noi saremmo capaci, di fronte ad una sua assenza, di ricrearla, di poterne godere. La maggior parte delle cose che utilizziamo sono per noi irriproducibili e di ciò che è domestico non pensiamo più al valore del suo addomesticamento. La cornice isola dal mondo, costringe ad un ring del pensare e rende l’oggetto altro.

GIACOMO COSTA

Questo è lo studio preliminare di un’immagine tratta da una serie di quattro realizzata per una mostra istituzionale internazionale che si sarebbe dovuta inaugurare a fine maggio 2020 a Venezia. Al momento è stata rimandata a causa della pandemia e le presenze nazionali non sono ancora state ufficializzate dal ministero.
Il tema della serie sono i quattro elementi naturali, acqua-aria-terra-fuoco, visti alla luce degli sconvolgimenti climatici.
Questo bozzetto si riferisce all’acqua come causa di inondazioni.

LAMBERTO TEOTINO

In Non-physical entities ho analizzato quei fenomeni che risultano contrari alla legge della fisica e che se misurati secondo metodi scientifici risultano inesistenti, definiti anomali e conosciuti come paranormali o soprannaturali.
Attraverso una rielaborazione ho costruito forme nuove all’interno di scene recuperate dal web, dando prova effettiva della loro esistenza primordiale. Un nuovo punto di vista, come in un caleidoscopio io qui ho appoggiato l’occhio nel mirino della cinepresa ed ho osservato la genesi di nuove forme. Personalmente mi riporta ad una esperienza vissuta da bambino in cui ricordo che mi capitava spesso di andare in un luogo lungo una strada, definita “la strada del Diavolo”, ad osservare per ore il fenomeno della salita in discesa in cui un oggetto fisico fatto roteare in una discesa andava al contrario.

LAURA CIONCI

Mi serve capire chi sono ora più che mai. Questo quaderno iniziato nel gennaio del 2017 mi accompagna ancora oggi. Dentro ha le mie esperienze, le mie idee, i miei appunti. Ha attraversato continenti, malattie feroci, deserti, foreste, città, visioni di ogni tipo. Riparto da lui per ripartire da me. Il suo viaggio continua. Come un autoritratto accompagnato dal paesaggio che racconta il luogo in cui vivo: ludico, fresco, caotico e misterioso. La vita quotidiana è la mia opera adesso. Il quaderno che raccoglie il passato si adagia su questo presente incredibile infondendomi un senso di pace. Non cerco una conclusione nell’opera ma un avvio.

JASMINE PIGNATELLI

7,7 miliardi di persone connesse. Un virus che colpisce senza distinzioni. Nessun uomo è un’isola. Il destino di ognuno è legato al destino dell’altro. Nessuno è intero se è da solo. In questo momento epocale si percepisce davvero quanto l’umanità non riconosca barriere e muri, razze e religioni e si presenti come un’entità unica e indivisibile.
La performance sonora di Jasmine Pignatelli intende ripartire dal verso di John Donne (poeta inglese vissuto tra il XVI e XVII secolo) e dall’importanza che assume oggi per la sua capacità di esaltare l’idea di collettività, comunità, società e umanità.
Attraverso un unico messaggio collettivo lanciato nell’etere in telegrafia, No Man is an Island, mette in scena, con una sola voce, la responsabilità personale e collettiva che condiziona azioni e reazioni. La pandemia ci chiede di vivere isolati, ma tutto ci dimostra che ognuno di noi è parte integrante del Tutto e di un unico popolo che chiamiamo “umanità”. Come recita la poesia, siamo tutti parte di una unica terra e la morte di ciascun uomo sminuisce l’umanità intera.

No Man is an Island
John Donne
tratto da Devotions upon Emergent Occasions. XVII

No man is an island,
Entire of itself,
Every man is a piece of the continent,
A part of the main.
If a clod be washed away by the sea,
Europe is the less.
As well as if a promontory were.
As well as if a manor of thy friend’s
Or of thine own were:
Any man’s death diminishes me,
Because I am involved in mankind,
And therefore never send to know
for whom the bell tolls;
Ittolls for thee.

Nessun uomo è un’isola,
completo in se stesso;
ogni uomo è un pezzo del continente,
una parte del tutto.
Se anche solo una zolla venisse lavata via dal mare,
l’Europa ne sarebbe diminuita,
come se le mancasse un promontorio,
come se venisse a mancare una dimora di amici tuoi,
o la tua stessa casa;
la morte di qualsiasi uomo mi sminuisce,
perché io sono parte dell’umanità.
E dunque non mandare mai a chiedere
per chi suona la campana;
essa suona per te.

Con questa performance affido alla trasmissione morse un carattere rituale e simbolico amplificatore della mia poetica fondata sui valori civici di umanità e solidarietà e invito chi è in ascolto a non perdere mai il senso della comunità umana a cui tutti apparteniamo.
IMMAGINO una unica, continua, inarrestabile onda radiotelegrafica morse attraversare l’etere per raggiungere chiunque in ascolto in altre terre, in altri luoghi, in altri continenti.
IMMAGINO il primo segnale del tasto telegrafico dare vita alla trasmissione in morse: punti e linee, linee e punti di un cordone umano invisibile e indivisibile.
IMMAGINO i versi della poesia di John Donne superare muri e barriere, razze e religioni per amplificare il senso comune della nostra umanità unita da una sola terra, un solo destino.

NUNZIO PACI

L’opera riflette la mia attuale esplorazione del mondo naturale e le sue connessioni con la sfera del sogno, della nostalgia e della memoria. Il pavone, simbolo di bellezza e vanità, è anche noto come “l’uccello dai cento occhi”. Il soggetto rappresentato, metafora dell’uomo contemporaneo, è vittima della sua stessa natura, combattuto dall’istinto di essere ammirato e la paura di non riuscire a gestire gli sguardi da cui si sente perseguitato.

ALESSIO BOLOGNESI

L’opera fa parte della nuova serie in lavorazione Ciò che resta, dove analizzo ciò che è rimasto dei riti pagani e naturistici nei costumi tipici (rituali, di carnevale o per altre ricorrenze) di diversi paesi europei e del mondo, analizzando in particolare la simbologia legata agli animali o alle forme vegetali di ispirazione e cercando di metterli in relazione con le loro controparti reali.
Strohbär proviene dalla Germania ed è una rappresentazione legata alle zone rurali e, in particolare, al periodo che precede l’inverno, nel quale si svolgevano riti per ingraziarsi le divinità affinché l’inverno non creasse disagi eccessivi e consentisse una buona attività agricola per l’anno successivo. Si realizzavano abiti di paglia ai quali venivano associate facce di animali, soprattutto orsi in quanto animali simbolo della Germania.

ALESSANDRO BULGINI

Nei giorni di permanenza in casa per il Covid ho deciso di riprendere il disegno per ricordare le performance realizzate a favore di vari territori durante gli anni passati.
Questo disegno, nello specifico, ricorda una delle azioni per la città vecchia. Trovai nella spazzatura una casetta di plastica per bambini, la ricostruii, la dipinsi di rosso, ci girai per i vicoli dell’isola per poi collocarla in maniera stabile in uno dei tetti più alti delle case abbandonate che si affacciano sul Mar Piccolo. Se si passa lungo il pontile dei pescherecci ancora la si può vedere.

NATALY MAIER

Ho preparato un tavolo con carta bianca e colori. È nato un bozzetto che mi ha fatto ricordare me bambina di circa cinque anni, in vacanza con tutta la famiglia. Era inverno ed ero in una stanza ben riscaldata e accogliente. Anche allora avevo un foglio bianco su cui scrivevo con concentrazione e impegno da analfabeta. Se gli adulti mi dicevano che non riuscivano a leggere, mi arrabbiavo, insistendo che era una storia scritta e che sapevo scrivere. In questo momento sospeso, di paradossale lontananza prossima tra le persone, ho mantenuto nel bozzetto la struttura duale tra due campi, che tengono la distanza in un’aura che le avvicina. Come sempre accade nei miei dittici. Il campo dei segni astratti diventa la scrittura, aperta a ogni possibilità testuale. Può essere un testo che parla di un futuro migliore o il conto di qualcosa, una pergamena, un pentagramma, una preghiera.
Nella parte inferiore il colore è il territorio della fantasia, come luogo inclassificabile, irriducibile… È una zona in cui si esprime il desiderio, connettivo e affettivo insieme.

ILARIA MARGUTTI

“Ricorda quanta tenacia c’è voluta a decifrare la mappa dentro le parole”.
È una frase tratta da una poesia di Antonella Anedda (Spazio dell’invecchiare – da Salva con nome).
Mi ci sono volute due settimane, prima di ritrovare la concentrazione, ma non sono più riuscita a riprendere il lavoro di prima. Avevo bisogno di ritrovare il mio centro, ripulendo il pensiero.
Seguendo il corso delle giornate, ho iniziato a ricamare poesie di autrici amate, fino a quando non ho incontrato la breve frase di Anedda.
Ora più che mai le parole hanno sostituito il corpo fisico delle persone assumendo altri valori e altri significati, in ogni parola, come un insieme di codici da decifrare, si nasconde una mappa sempre più complessa.
Una sola parola è un territorio sconosciuto e vasto da esplorare.
Senza quasi rendermene conto e seguendo solo la necessità di ristabilire una connessione con il mio mondo perduto, ho pensato che questa potesse essere l’occasione di affrontare il campo da me sempre temuto della scrittura.
Volevo creare una tensione dentro a questo mio fare, ovvero uno sforzo che mi permettesse di dare senso al gesto.
Ho chiesto a 16 amici, di inviarmi una parola a loro scelta, sulla quale poi avrei scritto un testo, ricamandoli successivamente su piccoli lembi di stoffa sottile quasi trasparente.
Volevo entrare in quelle parole donate come se veramente stessi esplorando un territorio, fatto di me e dell’altro.
Il lavoro non è finito, sto ancora ricamando e scrivendo, a quasi due mesi dall’inizio, sto iniziando anche a immaginarmi una sua conclusione, ma in tutto questo tempo non ho mai agito pensando di realizzare un’opera conclusa, ho lasciato che fossero le parole a condurmi fino a qui.

ALICE PADOVANI

In questo periodo così carico di ossessioni voglio dare corpo alla mia.
Mi estraneo da quello che è il tempo umano, dagli spazi individuali, dalle singole necessità e inizio a pensare al continuum dello spaziotempo, ovvero a quella successione costante e inscindibile delle quattro dimensioni dell’universo secondo la relatività ristretta: larghezza, lunghezza, profondità e tempo.
Come possiamo percepire il nostro tempo come rilevante nella scala immensamente grande del cosmo? Come possiamo conteggiarlo all’interno della grande bocca scura e vorace dell’infinito? Com’è possibile valutare le nostre grandezze in un universo in continua espansione? È un argomento che affronto quasi sempre in silenzio perché provoca sensazioni di disagio e smarrimento nei miei interlocutori. Io, al contrario, vengo pervasa da una vera frenesia, da un desiderio impaziente di afferrare l’inafferrabile. Avverto un magma di straordinaria bellezza immateriale.
Mi piace pensare a questo progetto come a un paradosso: svincolato ma conforme al continuum dello spaziotempo, alla linea di universo perpetua e inestricabile che ci abbraccia nelle sue quattro dimensioni.
Nel futuro sarà un’azione dalla durata imprecisata.

ALESSANDRA CALÒ

Secret Garden è un progetto che porto avanti dal 2014. Rappresenta il paesaggio interiore che si nasconde a prima vista ma che può essere scoperto da chi è capace di guardare oltre l’apparenza. Trattasi di una installazione itinerante, che vede il coinvolgimento di una pluralità di donne nella realizzazione di un’opera dove fotografia, botanica e letteratura si uniscono.
Ogni ritratto femminile è una antica lastra ritrovata e recupera un nome e un’avventura, grazie all’immaginazione di scrittrici contemporanee invitate a prendere parte al progetto. Differenti per provenienza, formazione, espressione artistica, queste donne si distinguono nei campi della letteratura, musica, poesia, impegno politico e sociale, rendendo ogni racconto un diario personale estremamente attuale.
Mentre l’autrice compone il testo, io ricreo l’immagine scelta attraverso la creazione di un erbario tridimensionale che si postpone alla lastra creando visivamente una nuova immagine. Unendo i diversi elementi, l’opera viaggia su un doppio binario fatto di tempo reale e immaginazione, facendo decadere l’esigenza di una lettura chiara e fedele ancorata all’immagine.
Una delle ultime autrici coinvolte è stata Cecilia Dazzi con la quale, il 20 aprile 2020, ho realizzato Zita, una delle gemelle raffigurate su una antica lastra ritrovata. Cecilia è una delle attrici più eclettiche e versatili del cinema italiano ma anche un’autrice, una madre ed una donna impegnata nel sociale. Ha infatti scelto di essere testimonial per mettiamocelointesta, il progetto dell’UNHCR (the UN Refugee Agency) per garantire ai bambini rifugiati l’accesso all’istruzione.

L’immagine di Zita è accompagnata dal seguente testo:

…non è uno specchio ma anche si / sono io ma è lei / è lei e non sono io / un uno/due che ci accompagna da sempre / il subito scisso dove pro e contro raramente si abbracciano / una sicurezza nel contrasto / il gioco di sponda nostra specialità / tu quale / sei lo spigolo o la curva? / io finestra aperta / io zabaione salato / io il contrario del contrario del contrario… / io la prova del 9 / io sempre uno più di te / noi da fuori vetro / noi fuoco dentro / trincea paradiso oasi e traguardo / lo capisci dallo sguardo / siamo monade. [Zita]

VERONICA LIUZZI / FRANCESCO PAOLO COSOLA

Il 17 marzo 2020, sette giorni dopo l’emanazione del decreto che dichiarava l’estensione della zona rossa a tutto il territorio italiano, alle ore 12:36 è stato chiesto al web di scrivere o pronunciare di getto alcune parole.
103 persone hanno risposto all’appello.
Diario di 103 quarantene è un’archivio della quarantena italiana, un’opera partecipata interamente creata e messa in scena all’interno delle mura domestiche, utilizzando le pareti come supporto da proiezione.

GUARDA IL VIDEO:

ANGELO IODICE

Cera, creazione parsimoniosa, elemento diafano e impenetrabile, surrogato vitale e mera purezza di un essudato laborioso. Così il mantello organico dalle sterminate catene alifatiche abbraccia campi cellulosici di antichi libri rendendoli infiniti e atemporali.
La purezza della cera esalta il divario tra il mondo respirante e quello cristallino e sospeso.
La sua matericità rimanda perché sublima, sospende perché inneggia, e così come una via alchemica ci indica la strada verso continui dispieghi. La cera assume una funzione di mezzo attraverso cui si arriva a compiere magie, comunicando con mondi a noi sconosciuti ma sempre umani.
La coltre di cera diventa un mero viatico, essa non ricopre ma svela, portando alla luce, come fa un archeologo nelle sue zone sapientemente tracciate e delineate, le origini e la preistoria di un antico vissuto. Alla fine, si creano teche preziose e forti in cui adagiare i volumi, gli accessi, le porte.
Si preserva l’integrità del costrutto in modo che non si sciolga al sole come furono per le ingegnose ali. Che la cera e la sua magica coltre diventi origine di immaginazione, di evasione e di allontanamento salvifico come Dedalo e Icaro fuori dal labirinto?

“Una teca è custode di oggetti di notevole pregio e li preserva mostrandoli. Non è l’atto del mostrare il fine di Angelo Iodice, ma quello di attribuire già in fase embrionale un valore encomiabile alla sua azione. Valore che si accresce in fase progettuale, quando la meticolosa scelta dei materiali che presteranno la loro naturale composizione, trovano massima espressione attraverso il loro trattamento per generare una compenetrazione di molteplici e insondabili significati.
Il rito suggellato si compie infine quando Angelo Iodice ci dona la sua creazione, suggerendoci di essere depositari di un messaggio, una chiave che, simbolicamente, ci permette di attraversare e immetterci in una dimensione altra.”
Agata Petralia

ANTONELLA DE NISCO

Intrecci di casa / stoppie fuori stagione / legami/e legumi / torneremo sui fiumi / ad ascoltar le / rane / a riparare tane / ma ora ci tocca / un poco controvoglia / star sotto un tetto / ad aver cura inaspettata / di ciò che abbiamo in testa / e dentro il petto. (Francesco Gelati)

La mia ricerca si svolge fuori, all’aperto in luoghi urbani o naturali e può prevedere il coinvolgimento delle persone. In questo periodo di forzata sospensione, con attività soppresse o rimandate, “un bosco di ricordi”, come in un caleidoscopio fatto di intrecci, incontri, parole, emozioni mi circonda. In un tempo ritrovato ho ripreso a disegnare, non per progettare installazioni ma in una sorta di automatismo psichico, con penna nera e frammenti di tessuti (ripescati dagli archivi amati e mai dimenticati delle mie passioni giovanili). Non potendo uscire, in attesa di poter ritornare a sentire e intrecciare lo spazio che mi circonda, ho ritessuto i miei ricordi, traducendoli in frammenti di boschi, cuori, fiori, fioretti e in un denso erbario cucito, scritto, disegnato e molto amato.
Mentre in questo periodo mi nutro dei miei ricordi e continuo, come molti di noi, ad avere sete di cultura, penso che la nostra creatività sia legata anche alla nostra personale capacità di sopportare la solitudine. Riscopro questo tempo come una opportunità per riflettere su di me, ma anche sullo scenario che ci circonda, che necessita di soluzioni, non solo virtuali. Il contatto con le persone, la dimensione empatica è un fondamento del mio lavoro di artista e di docente e penso che questo spazio di sospensione ci possa servire a trovare nuove strategie per ripartire, “prendersi cura” di noi stessi e della natura in questa nostra casa comune che è la terra. Ho molto lavorato sul concetto di ferite personali e ambientali e continuo a riflettere sulla necessità non solo di rinunciare, ma anche di imparare a “donare” proprio consumando e sfruttando di meno le nostre risorse, attraverso una “cultura della cura”. Il tempo presente, ha bisogno di una educazione che sia la ricerca di una gioiosa connessione con l’energia della terra e dell’aria, per riconoscere finalmente la soglia di un altro universo fatto di reali collaborazioni tra donne, uomini e natura, storia e tradizioni del territorio.

MATTEO SANNA

«L’evoluzione può essere necessaria soltanto a colui che si renda conto della sua situazione e della possibilità di cambiarla, e si renda conto che ha dei poteri che non usa e delle ricchezze che non vede. Ed è nel senso della presa di possesso di questi poteri e di ricchezze che l’evoluzione è possibile». George Ivanovitch Gurdjieff

MARCELLO CAMPORA

Questa fotografia è parte del progetto che ho portato avanti durante il lockdown e che si intitola TOMORROW. Credo che il modo più corretto per spiegare TOMORROW sia racchiuso in queste poche righe: “In generale in quello che faccio in questi giorni penso ci sia tanta intimità. A volte passa la giornata e non me ne accorgo. È incredibile pensando alle cose in più che facevamo fino a ieri. Penso che sia proprio l’intimità ad occuparci questo tempo”.

SAMANTHA PASSANITI

Scorrono le ore, i momenti e alcuni giorni restano impressi nella memoria con una loro identità, altri si dissolvono sul muro bianco insieme a quelli dimenticati e a quelli che ancora devono essere vissuti.

LUCA MOSCARIELLO

Appunti edificanti per viaggiatori casalinghi è un’allitterazione.
Ho immaginato un lavoro il cui titolo interpretasse questa situazione globale, una condizione nella quale la gente ha dovuto crearsi uno scenario per un viaggio da affrontare senza spostarsi.
Luca Moscariello, aprile 2020