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Virginia Zanetti da Prato

La tua nuova ritualità quotidiana…
Sono in isolamento dal 26 febbraio, durante questi giorni si sono alternati senso di oppressione per l’assenza della libertà, mancanza per le persone care, dolore e rabbia per come sono gestite le cose, gratitudine per le persone comuni che ci indicano la via offrendo la loro vita per proteggere quella degli altri, paura che nonostante questi sacrifici tutto tornerà come prima, frustrazione, impotenza e poca concentrazione, ma anche più aderenza alla mia vita, sembra che grazie alla sofferenza riusciamo a vivere la nostra esistenza più profondamente e capire meglio noi stessi. Lo scrittore Saneatsu Mushanokoji (1885-1976) una volta disse: «Sia che gli altri mi vedano oppure no, io continuerò a fiorire». È importante vivere nel modo che ci è proprio e capire quale possa essere il nostro ruolo in relazione agli altri. Utilizzo anche la meditazione per cercare di vedere le cose così come sono e alimentare il pensiero creativo piuttosto che quello distruttivo. Per cui cerco di tenermi occupata nel fare qualcosa per gli altri, per esempio con alcuni giovani buddisti con cui facciamo attività per continuare la pratica a distanza e per i miei studenti. Tre giorni alla settimana insegno da casa, non siamo più un gruppo di persone in una stanza, ma un gruppo unito da dispositivi elettronici. Poi cerco di muovere il corpo, perché i pensieri rimbombano stando da soli al chiuso, per cui cammino almeno un’ora al giorno. A pochi metri da casa c’è il bosco della Montagna Calvana, osservo la natura, incontro animali selvatici, mi ritrovo a parlare con gli alberi, conosco nuove piante, ascolto il vento, annuso la terra, contemplo la natura. Questa crisi senza mezze misure ha mostrato che la logica dell’accumulo individuale è fragile e che la prosperità si ottiene solo agendo insieme con fiducia. Ci ha regalato inoltre qualcosa di estremamente prezioso: il tempo, in cui riflettere, studiare e porsi domande sulla nostra condizione. Il Covid-19 ci ha mostrato che la prosperità non sia “quanto”, ma “come”, citando Pepe Mujica, ex presidente dell’Uruguay, per qualcuno ha portato via ciò che era superfluo, tra cui piccoli e grandi egoismi e aiuta a mettere da parte in modo naturale quel piccolo io che vedeva al centro del mondo le necessità personali spostando l’attenzione verso ciò che è collettivo.

Com’è cambiato il tuo modo di lavorare?
«La vera arte, cioè quella che non si soddisfa delle variazioni sui modelli stabiliti, ma che si sforza di esprimere le necessità intime dell’uomo e dell’umanità attuali, non può cessare di essere rivoluzionaria, cioè non può se non aspirare a una ricostruzione completa e radicale della società, sia anche solo per liberare la creazione intellettuale dalle catene che la legano e permettere all’umanità intera di elevarsi alle altezze che solamente geni solitari avevano raggiunto in passato». (1) Ho inizialmente sospeso tutto per stare ad osservare, mi sono dedicata a riordinare e fare pulizia sia della casa sia tra i miei lavori. Dopo il primo periodo di disorientamento e smarrimento, trovarmi nel vuoto e nella concretezza di giornate scandite da poche necessità mi ha dato un senso di sollievo. Cerco di rispondere alle email e ad alcune proposte, però non riesco a stare al ritmo perché vivo un contrasto interiore tra il fastidio per una eccessiva presenza della cultura e la gratitudine per essa che, con la sua poesia, si rivela l’unico mezzo per sconfiggere il tempo. Tutti gli impegni lavorativi (mostre, residenze, biennali etc) che avevo in programma sono stati congelati, come ogni altra attività non considerata “necessaria”. Credo che questo abbia avuto un forte impatto psicologico ed emotivo per me, ed in generale per ogni artista che fa del suo lavoro un tempo unico e continuo nella sua vita. Una profonda trasformazione del senso della pratica artistica che ha generato un sentimento del sublime, perché mi ha fatto attraversare la paura di perdere tutto. Il superamento di questa paura ha avvicinato l’arte alla vita. Nell’emergenza l’atto creativo – trasformare il veleno in medicina – si sposta all’interno della vita stessa e può essere messo al servizio della collettività con altre forme. Per fare un esempio concreto, quello che proponevo come pratica nell’opera ChiAMAMI del 2011 dove garantivo con il mio numero telefonico la mia presenza in mostra, attraverso l’estensione dell’io, data dal mio smartphone, è diventata una prassi di tutte le persone che vogliono superare l’isolamento. Questo altrove della comunicazione può facilitare la condivisione di contenuti personali solitamente lasciati fuori dalle lezioni o riunioni formali, in qualche modo la condizione attuale di quarantena condivisa fornisce il terreno per vicinanze inaspettate e la costruzione di un sentire comune che forse non si sarebbe esplicitato in una situazione normale. Inoltre l’emergenza ha mostrato chiaramente che la categoria dell’artista in Italia è una delle più deboli o inesistenti, finalmente con artisti e addetti ai lavori stiamo affrontando, attraverso gruppi di lavoro, la nostra condizione di “emergenza permanente”. Studio e cerco di capire quale possa essere la rivoluzione in atto e come posso dare il mio contributo. Nascono spontaneamente molti gruppi di solidarietà per gli ospedali come quello a cura di Francesca Guerisoli, che mi ha chiesto di partecipare all’iniziativa di sostegno I Have a Gift (https://www.facebook.com/IHAVEAGIFT22), offrendo un mio lavoro in modo gratuito: così ho pensato di condividere uno dei lavori del diario della quarantena, realizzati ad acquerello, tecnica che amo per la sua capacità di indurmi alla meditazione, proprio con l’unico scopo di governare la mente rispetto all’ansia.

Come immagini il mondo, quando tutto ripartirà?
Un testo buddista, il Sutra dell’osservazione della mente come la terra afferma: «Se vuoi conoscere le cause del passato, guarda gli effetti del presente; se vuoi conoscere gli effetti del futuro, guarda le cause del presente». (2)
Tutto sta nel modo in cui le persone e chi governa affrontano questa pandemia ora.
Per immaginare il mondo abbiamo bisogno di adottare un pensiero sul mondo di base che soddisfi l’obiettivo e, di conseguenza, mettere tutte le nostre azioni al servizio di questo pensiero.
L’obiettivo principale che muove il mondo – persone comuni e politici – potrebbe spostarsi dall’avidità alla compassione.
Se l’obiettivo della vita su questa terra è quello di proteggere la Vita – persone, animali, natura e ambiente – mettendo il loro benessere al primo posto, allora potremo utilizzare creatività, intelligenza, scienza, ecologia, tecnologia per affrontare malattie, cataclismi, carestie, eventuali guerre.
Se, invece, si continua a pensare che la felicità e la ricchezza individuali possano esistere a discapito degli altri e accettiamo l’iper sfruttamento di tutto ciò che esiste, il mondo che verrà sarà sempre più colpito da eventi disastrosi, il divario sociale aumenterà e quindi anche guerre, inquinamento, malattie, carestie.
Se tutto il sistema si muovesse verso il reale interesse per il bene delle persone e della vita, con le capacità tecnologiche attuali, avremmo modo di contrastare e governare questi ciclici momenti di crisi e distruzione che fanno parte dell’esistenza.
Questa emergenza ha il potere di mostrare bene a tutte le persone quei meccanismi distruttivi che già in molti cercavano di contrastare cercando di invertire la tendenza attraverso azioni individuali o di piccoli gruppi di resistenza.
Quindi possiamo immaginarci il dopo, solo attraverso la scelta di idee e azioni che scegliamo nel presente, ognuno dove si trova.
Nel mio piccolo faccio parte di diversi gruppi, parlando dell’ambito dell’arte per esempio con il gruppo Estuario (https://www.facebook.com/estuarioprojectspace) portiamo avanti l’educazione e la didattica dell’arte contemporanea nel territorio di Prato. Credo che l’arte dovrebbe essere sempre più connessa con tutti gli altri campi dell’esistenza, infatti ho contribuito a far nascere alcuni mesi fa il Laboratorio del futuro da un’idea di Fabio Cavallucci (laboratoriodelfuturo.it). Lo scopo è quello di discutere gli sviluppi dei principali temi del nostro tempo, cercando di fare incontrare intellettuali e persone comuni su tematiche spesso distorte dai media. Proprio in questi giorni abbiamo fatto la nostra prima riunione virtuale perché adesso nel “futuro” ci siamo, immaginavamo di sviluppare idee nuove e condividerle con un sempre maggior numero di persone nell’arco degli anni, usando le modalità del vecchio sistema, e ora invece il sistema è già cambiato ed il laboratorio del futuro è divenuto necessario. Se è vero che dopo una crisi profonda si comincia a ricostruire con le idee che si trovano intorno, è adesso importante raccoglierle e metterle a disposizione. La situazione è grave, non solo per la pandemia e per la crisi economica impellente, ma anche perché ci ha ammutoliti. Questo è il momento per immaginare un futuro migliore, dato che la situazione di azzeramento mondiale può consentire di creare le basi affinché, quando si ripartirà, lo si possa fare eliminando i difetti del passato.
«La funzione del Laboratorio del futuro diventa così non solo quella di una ricerca utile ma astratta, di un suggeritore potenziale a beneficio della politica, bensì di uno strumento concreto per contribuire a ricostruire da subito un domani possibilmente migliore. A questo fine è urgente aprire un dialogo, sebbene online, con i migliori intellettuali del nostro tempo e condividere le loro proposte, farle diventare oggetto di discussione e di crescita comune». (3)

Note al testo
1 Dal Manifesto per un’arte rivoluzionaria indipendente, Messico, 25 luglio 1938, André Breton, Diego Rivera (**)
2 Dal Gosho L’apertura degli occhi (Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, volume I, pag. 252)
3 Dalla lettera del Laboratorio del Futuro che stiamo inviando agli intellettuali

Virginia Zanetti ha collaborato con istituzioni italiane e l’estere per la cultura e l’arte contemporanea come il Man di Nuoro, il CCC Strozzina di Firenze, il Museo Pecci di Prato, il Mac di Lissone in Italia, la Kunsthalle di Berna e il CACT di Bellinzona in Svizzera, l’IIC di New Delhi e di Zurigo. Ha vinto premi istituzionali come il Premio Movin Up 2015 del Ministero dei beni e delle attività culturali e il Concorso internazionale per artisti per la realizzazione di opere d’arte permanenti per Palazzo di Giustizia di Firenze nel 2017, il Primo Premio Maccaferri per la fotografia, Artefiera 2019 e la terza edizione di Smartup Optima 2019, Napoli. Il suo lavoro è presente in collezioni pubbliche e private ed in pubblicazioni come A Cielo Aperto e Breve storia della curatela di H.U.Obrist, postmediabooks, Milano. Progetti recenti: Abissi, di Virginia Zanetti, a cura di Francesca Ceccherini, per IIC, HdK Zürcher Hochschule der Künste, TONI-AREAL, Zurigo CH; Creare Spazio, PAV Torino; futuri: I Pilastri della Terra, a cura di Matteo Innocenti, Museo della Resistenza, Bologna, IT; Canto V, Odissea, a cura di dimora OZ, per ARKAD, Manifesta 13, Marsiglia. La sua galleria di riferimento è Traffic Gallery, Bergamo.
www.virginia-zanetti.com