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Maria Rebecca Ballestra
Maria Rebecca Ballestra da Monaco

La tua nuova ritualità quotidiana…
Ho deciso di affrontare l’isolamento causato dal Covid19 come un’esperienza monastica. Dover ridurre al minimo le mie necessità, i mie spostamenti, i miei incontri e, inevitabilmente, i miei impegni lavorativi mi ha costretto a reimmaginare la realtà. Avendo di natura un’attitudine positiva, ho pensato di vivere questa esperienza come un ritiro spirituale, addentrandomi nella dimensione immateriale e investigando in profondità il mio mondo interiore.

Com’è cambiato il tuo modo di lavorare?
Essendo stati posticipati molti degli impegni lavorativi, mostre e progetti, la mia attività artistica si è molto ridotta. Sto partecipando ad alcuni progetti online, lavorando con i materiali che ho a disposizione in casa e ordinando materiale online. Utilizzo questo periodo per fare un bilancio del lavoro fatto fino ad ora e riorientare la mia pratica artistica futura. Il senso di fragilità, le tragedie delle morti, la sospensione spazio-temporale implicite in questa esperienza collettiva, mi hanno spinto a una maggior presa di responsabilità. Nonostante il mio lavoro sia già impegnato socialmente e attento alle tematiche ambientali, in futuro sarà più fortemente etico, coerente con la sostenibilità ambientale, e rivolto alla trasformazione sociale.

Abbiamo a che fare con un tempo e uno spazio nuovi. Cosa stai scoprendo o riscoprendo di te?
L’isolamento forzato ha favorito la mia ricerca interiore, dedico molto tempo all’introspezione, alla lettura e alla meditazione. Ha inoltro favorito la mia ricerca spirituale che sta riorganizzando le mie future priorità e i miei futuri comportamenti.

Musei e gallerie hanno reagito al momento con la digitalizzazione e la virtualità. Quali sono le tue “strategie” per instaurare nuove relazioni?
In realtà più che instaurare nuove relazioni, sto utilizzando il tempo dell’isolamento per riprendere i contatti con tutti gli artisti, gli operatori culturali e i pensatori che ho avuto la fortuna di incontrare in quasi venticinque anni di viaggi, residenze d’artista e progetti artistici in ogni parte del mondo. Questo periodo di pausa mi ha permesso di riportare alla memoria molti di loro e cogliere l’occasione per ricontattarli.
L’uso delle tecnologie ha favorito, inoltre, l’incontro con altri artisti con cui ho scambiato idee, riflessioni e futuri immaginari,  e mi ha permesso di approfondire tematiche culturali che prima non avevo tempo di affrontare.

Come immagini il mondo, quando tutto ripartirà?
Spero che questa esperienza di dolore e fragilità, che per la prima volta colpisce globalmente i paesi ricchi, porti a un ripensamento dei nostri modelli di vita, da come consumiamo a come ci muoviamo, dai parametri economici a quelli finanziari. È quello che cerchiamo di fare con il Festival for the Earth che organizzo ogni anno. Auspico che le tematiche ambientali, e le moltissime voci che da anni si levano per la difesa del Pianeta e per il rischio di autodistruzione dell’umanità vengano finalmente ascoltate. Come ha detto il Papa, non si può pensare di essere sani in un mondo malato.

Quando tutto questo finirà: una cosa da fare e una da non fare mai più.
A livello globale non dovremmo mai più essere così superbi da pensare di poter controllare e sfruttare indiscriminatamente la Natura, perpetuando ogni genere di violenza su tutte le altre specie (talvolta anche la nostra stessa specie quando si tratta di minoranze o popoli indigeni). A livello personale, non mangerò più carne. Una cosa da fare a livello globale è cambiare il nostro modello di organizzazione sociale, ampliando la coscienza ambientale. Personalmente, avrò dei comportamenti più ecologi, meno viaggi e meno consumi.

Ad oggi quali sono state per te le conseguenze immediate della diffusione del Covid-19 sul tuo lavoro e quali pensi possano essere le conseguenze a lungo termine?
Penso di dare un orientamento ancora più ecologico e sociale al mio lavoro. Credo che collaborerò di più con altri artisti, e sono sempre più orientata ad una pratica artistica partecipativa. Ho in mente anche un paio di progetti a sostegno di pratiche artistiche volte alla trasformazione sociale.

Artista visiva, Maria Rebecca Ballestra nasce a Sanremo (Italia) nel 1974, si diploma all’Accademia di Belle Arti di Firenze e studia presso la Facultad de Bellas Artes di Granada (Spagna). Dal 1994 le sue opere sono state esposte in sedi internazionali, mostre collettive e personali, musei, gallerie e fiere d’arte e fanno parte di collezioni pubbliche e private, sia in Italia che all’estero. Frequenta seminari e workshop in diversi paesi europei ed extraeuropei tra cui il Museo Archeologico di Rethymno (Grecia), la Fondazione Picasso di Malaga (Spagna), il Museo della Ceramica di Barcellona (Spagna). Nel 2003 viene selezionata per partecipare alla Biennale dei Giovani Artisti dell’Europa e del Mediterraneo in Grecia e nello stesso anno vince la sua prima residenza per artisti presso il Museo d’Arte Contemporanea Europos Parkas di Vilnius in Lituania, a cui sono susseguite numerose altre residenze che hanno permesso all’artista di realizzare progetti interdisciplinari in varie parti del mondo, tra cui: Signal Fire (USA), Cambridge Sustainable Residency e Rhod (UK), Transnational Culture (Brasile), Sunhoo Industrial Design Innovation Park e CEAC (Chinese European Art Center (Cina), Sowing Seed e Global Art Village (India), Taipei Artist Village (Taiwan), Gozo Contemporary (Malta), Abetenim Village in Ghana (2012), solo per citarne alcune.
Maria Rebecca Ballestra vive e lavora in condizione nomadiche (ha visitato circa 65 paesi) facendo del viaggio il suo principale strumento di indagine. Accanto alla fotografia e alle installazione, agli interventi site-specific, le performances e i video, realizza progetti transdisciplinari che enfatizzano aspetti ambientali e sociali, come nel progetto biennale Journey into Fragility (2012-14), orientato alla percezione del futuro in relazione ai cambiamenti climatici e ai molteplici interventi dell’uomo nell’ambiente naturale.
Da tre anni Maria Rebecca Ballestra è impegnata in un nuovo progetto artistico a lungo termine, Echoes of the Void, con cui sta investigando il significato geologico, culturale, spirituale e ambientale dei più grandi deserti del mondo. www.rebeccaballestra.com
www.festivalfortheearth.com