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Luca Bochicchio da Savona

Abbiamo a che fare con un tempo e uno spazio nuovi. Cosa stai scoprendo o riscoprendo di te?
Personalmente è stata (parlo al passato perché oggi scrivo in un momento di ritrovata libertà di movimento, pur con i disagi e le limitazioni che sappiamo) un’esperienza complicata. Come moltissimi altri ho vissuto un’altalena di stati d’animo contrastanti. Credo che se l’isolamento forzato fosse durato meno degli effettivi due mesi che abbiamo vissuto, probabilmente le mie resistenze, frutto di anni di vita intensa, a ritmi felici ma anche frenetici, non si sarebbero piegate. Invece è accaduto proprio questo, nel perdurare dell’isolamento mi sono riappropriato di zone d’ombra che avevo volentieri e colpevolmente nascosto nel profondo di me stesso. Credo che in quella serie apparentemente interminabile di giorni tutti uguali, io abbia elaborato sentimenti e situazioni che nell’isolamento forzato emergevano. È presto per dare un giudizio sugli esiti di questo processo, ma sono grato di averlo vissuto.

Cosa ti manca? La tua personale esperienza dell’“assenza” e della “mancanza”.
Mi manca la libertà di movimento, moltissimo, e la libertà di incontrarsi.

Musei e gallerie hanno reagito al momento con la digitalizzazione e la virtualità. Quali sono le tue “strategie” per instaurare nuove relazioni?
Quei musei che potevano già contare su un solido e ben strutturato sistema di comunicazione proprio hanno senz’altro potuto implementare la divulgazione di contenuti online e l’interazione con i propri pubblici, ottenendo un outreach più efficace. Il museo che dirigo, il MuDA Museo Diffuso di Albissola Marina, non possiede ancora (ci stavamo lavorando proprio quando è scattato il blocco) una comunicazione autosufficiente, ciononostante abbiamo ritenuto di doverci muovere nei confronti del pubblico attraverso gli unici canali che avevamo a disposizione: i social network. Ci siamo quindi attivati per realizzare dei video (dal documentario breve ai virtual-tour, alle videointerviste) che abbiamo condiviso sul canale Youtube del MuDA e sui social (Instagram e Facebook, dove dal canale di Casa Museo Jorn abbiamo mantenuto attiva l’interazione). A livello di rete, per noi ha funzionato bene l’attivazione di dirette e invasioni digitali connesse al grande reame delle città e dei musei della ceramica italiani; eventi come Buongiornoceramica hanno davvero mantenuto vivo il rapporto tra le comunità sparse in tutta Italia. Al di là di questo abbiamo utilizzato il tempo del blocco per lavorare sulle criticità strutturali del nostro museo e per ripensare il rapporto con i nostri pubblici (che la chiusura degli spazi ha drammaticamente compromesso, essendo basato su una regolare affluenza e frequentazione). Inoltre, abbiamo lavorato con gli altri musei del territorio per condividere informazioni e buone pratiche per affrontare la riapertura.

Come immagini il mondo, quando tutto ripartirà?
Immagino che nelle maglie della nostra corsa quotidiana alla consumazione della Terra e delle risorse (apparentemente inarrestabile anche di fronte a pandemie come questa), emergeranno micro-processi positivi, frutto della maturazione di nuove consapevolezze, ma questo avviene normalmente nella storia ed è la grandezza dell’essere umano, quando si esprime collettivamente attraverso solidarietà e cura. Altri effetti positivi si potrebbero riverberare nell’attenzione civile a temi fondamentali (e per decenni vessati in Italia), come sanità e istruzione pubblica (anche se al momento stiamo assistendo al contrario, penso all’assenza di soluzioni e risposte su scuola e università). La cultura dei musei e dei centri storici, per anni assoggettata al turismo di massa, si troverà nella necessità di essere ripensata (per fortuna). Oggi si sente parlare poi di turismo di prossimità, di eco-sostenibilità, e sappiamo bene come queste e altre buone pratiche siano state promosse, incoraggiate e invocate da diversi settori della società civile fin dall’inizio della globalizzazione. Credo dunque che le persone con responsabilità di governo dovrebbero avere il coraggio di aprire a queste comunità e condividere pratiche di lavoro dal basso. Molti faranno tesoro di quanto capito durante il blocco e proveranno ad aggiustare qualcosa nella propria vita. Per il resto, io credo che assisteremo a estremizzazioni del conflitto sociale. Poi immagino un mondo in cui Covid-19 sarà il ricordo della prima di molte altre crisi globali. Bisognerà essere forti e vigilare.

Stiamo capendo che si può vivere con meno mobilità?
Succede spesso nella storia che fasi di crisi profonde impongano di esplorare non tanto “nuove” modalità di convivenza e comunicazione, quanto piuttosto esaustive pratiche di connessione che sfruttino finalmente al 100% le potenzialità di mezzi già esistenti ma sottostimati prima della crisi. Penso a tools ben noti da tempo, ma mai utilizzati come oggi: le riunioni telematiche, le dirette streaming, la combinazione virtuosa di diverse piattaforme social e di condivisione. Come giustificheremo da domani tutti i piccoli e grandi spostamenti (con tutto ciò che comportano in termini di inquinamento, impiego di risorse personali e collettive, stress e frenesia, sovrapposizioni e incompatibilità, difficoltà a raggiungere fisicamente certi luoghi) che in realtà abbiamo sperimentato poter essere agevolmente sostituiti da incontri in remoto? Per alcune attività, comprese, anzi a partire da quelle ludiche e a certe professioni, viaggiare è fondamentale, e dovremo lottare (non è retorica, attenzione a non darlo per scontato) per il diritto alla libertà di spostamento nei tempi e nei luoghi che decidiamo noi; ma questa crisi toglie in parte il velo: siamo stati per anni dei sapiens che utilizzavano certi strumenti con la mentalità da erectus. Intendiamoci: per una larga parte della società quegli spostamenti che prima ho classificato come dispendiosi sono fondamentali per alimentare la catena economica, ma è proprio qui che sta l’errore di sistema. Questa crisi ha imposto un’accelerazione al processo collettivo di adattamento agli strumenti digitali (che già esistevano, e che adesso si affinano, migliorano, sotto la spinta di una rinnovata e allargata domanda), dimostrando come buona parte delle nostre abitudini si basi su convenzioni create e indotte dal sistema capitalista e consumista. Per le famiglie e i lavoratori che non vi avevano mai fatto troppo caso, oggi sembra più conveniente avere una buona rete di connessione dati che non un abbonamento tv, è banale ma ricordiamoci che i cambiamenti epocali non avvengono mai seguendo il calendario dei decenni e dei secoli, e come già accaduto in passato è possibile che nel 2020 inizi davvero il XXI secolo.

Luca Bochicchio, PhD, è direttore scientifico del MuDA Museo Diffuso Albisola e di Casa Museo Jorn. È docente di Comunicazione dei Beni Culturali all’Università di Genova e autore di numerosi saggi in riviste e cataloghi. Nel 2016 ha pubblicato per Mimesis la monografia Scultura e memoria: Leoncillo, i Caduti e i Sopravvissuti. Ha curato o co-curato mostre su Luigi Pericle (2019); Salvatore Arancio (2019); Lucio Fontana (2018); Anders H. Ruhwald (2018); Enrico Baj (2015; 2017) e Asger Jorn (2014), e ha collaborato con Mamco (Ginevra), Cobra Museum (Amsterdam), Hauser&Wirth (New York), Gmurzynska (Zurigo), MiC (Faenza) e Officine Saffi (Milano). Recentemente è stato visiting researcher all’Henry Moore Institute (Leeds) e alla Beinecke Rare Book and Manuscript Library (Yale University).