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Loredana Longo
Loredana Longo da Catania

La tua nuova ritualità quotidiana…
A metà febbraio ero in Sicilia per installare una mostra risultato di un workshop, durato un anno, al Carcere Ucciardone di Palermo, dal titolo profetico: Quello che rimane. L’argomento reclusione mi è alquanto familiare e anche le dinamiche. La ritualità quotidiana è una peculiarità o meglio una costante della vita in assenza di libertà.
Sono fortunatamente ancora in Sicilia, ostaggio dei miei genitori.
Fino al momento in cui non era chiaro quanto durasse questa prigionia, ero ancora in preda alle vecchie care dis-abitudini, poi il corpo e la mente ti richiedono delle costanti, una riorganizzazione del tuo tempo. Dormo meno, e la mattina resto a letto un paio di ore, leggo i quotidiani online e ho preso l’abitudine di pubblicare un lavoro sui social, che sia un’opera o un video. I miei Carpet, citazioni di politici del mondo occidentale bruciati su tappeti orientali, lanciano messaggi sempre propositivi, dette frasi motivazionali, mi piace cominciare così la giornata. Una riflessione legata al momento storico, leggera ma sempre molto puntuale. Poi parte la giornata con i ritmi dei bisogni corporali, penso necessari e identici per tutti.
Appuntamento imperdibile, ore 19 esercizio fisico e ore 20 aprire una bottiglia di vino, non è salutare in questa sequenza ma non è la salute la mia priorità.

Com’è cambiato il tuo modo di lavorare?
Io non ho un modo di lavorare, non ho uno studio perché non mi serve, non sono una persona metodica, il mio metodo è fare le cose al momento in cui mi si presentano, e lì che do il meglio, divento una piccola macchina da guerra. Non ho mai fatto vita da studio, cerco di dare continuità ai progetti avviati e rimettere in ordine quelli passati, non voglio pensare a nuovi progetti, sono in un inconsistente clima di sospensione e preferisco raccogliere fave, piselli, cavolfiori, agrumi, cose concrete che ti riportano alla terra. Mi voglio godere il privilegio di essere in una prigione dorata, quella in cui sono, con giardino e grande orto.

Con quali oggetti e spazi del tuo quotidiano stai interagendo di più?
Oltre alle pentole e stoviglie, già mie care alleate da sempre, direi il telefonino, passo moltissimo tempo a cazzeggiare con amici, e anche nuove stimolanti conoscenze, ma sì ammettiamolo, in questo tempo di privazioni di libertà e di incontri, mi conservo la libertà e l’illusione di poter conoscere persone belle (ne esistono!!!) che come me sentono il bisogno di evadere almeno col pensiero.

Abbiamo a che fare con un tempo e uno spazio nuovi. Cosa stai scoprendo o riscoprendo di te?
Non accetto la sconfitta, e questa è una sconfitta dell’umanità, ed io faccio parte di questa comunità. Ma non voglio parlare di questo virus, mi sembra di dargli forza solo nominandolo. Di solito chi non vuole perdere, vuole vincere, per me non è così, vorrei solo non essere sconfitta, non credo nella vittoria.

Cosa ti manca? La tua personale esperienza dell’“assenza” e della “mancanza”.
Scopro che in fondo ognuno di noi possa vivere da solo, e che sono pochissime le cose di cui si ha veramente bisogno. Io credo di avere una sorta di dipendenza dall’essere umano, ho la necessità di stare con le persone, tante, rivoglio i miei amici, tutti. Sono un vero animale sociale.

Come immagini il mondo, quando tutto ripartirà?
Ripartirà o ricomincerà, le abitudini son difficili da dimenticare, due mesi non bastano, almeno non per me.
Il mondo sarà un contenitore straziato da questa pandemia, né migliore né peggiore, solo diverso, ma non durerà. Siamo dei cannibali finché esisterà carne umana, ce ne ciberemo.

Stiamo capendo che si può vivere con meno mobilità?
Vivere, continuiamo a vivere, ma nulla di questo è vivere per me, la mobilità è scambio. Chi si accontenta di questo non ha mai vissuto.

Quando tutto questo finirà: una cosa da fare e una da non fare mai più.
La prima cosa che vorrei fare non la scrivo e lascio al lettore una libera interpretazione.
La seconda è dire: io questa cosa non la farò mai. Mai dire mai.

Loredana Longo (1967), nata a Catania vive e lavora a Milano.
Ha conseguito il diploma in Lingue straniere e il Diploma di Laurea in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Catania.
Artista poliedrica, utilizza svariate tecniche e materiali per realizzare le sue opere, che sono principalmente costituite da installazioni site specific, sculture, performance, documentazioni fotografiche e video. La sua ricerca si può sintetizzare in quella che l’artista definisce “estetica della distruzione”, un insieme di visioni, spesso provocatorie, in cui distrugge e ricostruisce i suoi soggetti, creando opere molto suggestive e scenografiche.
Le due ultime personali: la mostra Quello che rimane a Palazzo Branciforte a Palermo, risultato del workshop dal titolo L’Arte della Libertà al Carcere Ucciardone, curata da Elisa Fulco e Antonio Leone; Creative Executions, testimonianza delle tre performances esplosive grazie alle Officine Saffi, Milano a cura di Irene Biolchini e Lorenzo Madaro.
La sua galleria di riferimento è Francesco Pantaleone arte contemporanea, Palermo/Milano. www.loredanalongo.com