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Jasmine Pignatelli, Nessun uomo è un’isola
Jasmine Pignatelli da Roma

Abbiamo a che fare con un tempo e uno spazio nuovi. Cosa stai scoprendo o riscoprendo di te?
Mi chiedo se davvero questo periodo influisca diversamente sul tempo e sullo spazio di noi artisti, intellettuali, scrittori, autori, pensatori. Non sarà un luogo comune? A mio avviso apparteniamo a una categoria per certi aspetti privilegiata, che è sempre ricorsa all’auto isolamento per creare e che riesce a generare un vantaggio creativo dalle restrizioni, dalle emergenze, dalle difficoltà, dalla mancanza di mezzi. Ma parlo solo della nostra categoria ovviamente. La situazione è certamente drammatica per tante persone, sul piano esistenziale economico e sociale, per non parlare della sanità. Persone come gli artisti, capaci di nutrire il proprio pensare quotidiano con parole come assenza, tempo, spazio, resilienza, fragilità, limite, si confrontano comunque con le problematiche pratiche e concrete di questa situazione, ma hanno una forza in più su cui contare. La cosa su cui mi sto misurando è appunto la distanza tra me, che non ho nessuna risorsa economica in questo periodo, e chi allo stesso modo vive la stessa difficoltà ma senza quelle “parole chiave” che illuminano e alleviano il mio esistere. Vivere questa emergenza da artisti è come dicevo, a suo modo un privilegio. Forse è una piccola consolazione che svanirà appena il flusso della vita tornerà a scorrere. E allora faccio tesoro di questo momento storico. Lo vivo pienamente e mi rifiuto di percepirlo come “tempo sospeso”. Mai tempo è stato più vitale e feroce. Mai spazio è stato più carico e resistente. E raramente l’umanità è stata più fragile e, allo stesso tempo, sorprendentemente più umana e unita. Il poeta John Donne, nel 1624 scriveva “Nessun uomo è un’isola… ogni uomo è una parte del tutto”.

Musei e gallerie hanno reagito al momento con la digitalizzazione e la virtualità. Quali sono le tue “strategie” per instaurare nuove relazioni?
Il nostro lavoro ovviamente si avvale di un ingrediente che per altri mestieri è un lusso: la creatività. Però… io sono diffidente verso la retorica della creatività nell’arte. La creatività è dei creativi, non degli artisti. L’arte è certo ispirazione, attimo fuggente, ma è soprattutto costruzione, consapevolezza, progetto, severità, concentrazione, lettura, sintesi. La creatività impegna una minima parte del processo artistico completo, ma in questo periodo non possiamo far altro che affidarci e investire su di essa. E così fanno anche musei e istituzioni culturali: si “ingegnano” con soluzioni provvisorie che suscitano curiosità e, in effetti, attenuano l’isolamento di molti. Ma non vedo niente di strutturale, niente che possa a lungo termine sostituire i vecchi processi e un modus operandi generale che era già al capolinea prima del Covid-19. Non vedo quel “salto di specie” culturale che ci proietti in una nuova dimensione produttiva, con nuove piattaforme, nuovi strumenti, nuove possibilità e che provi a scardinare sul serio il preesistente. La soluzione? Non la posseggo, non sono una creativa, come già detto! Ma è certo che in questo periodo ho maturato opere complesse, cross mediali, costruite interpretando lo zeitgeist del momento; sono progetti che si muovono e si evolvono come onde, e si nutrono di persone, di fatti, di emozioni. Vorrei azzardare quel “salto di specie” che ha permesso, su altri piani, di far entrare il virus nelle nostre vite. Ma questa progettualità esprime opere che rimarrebbero fuori dai mercati consueti, non si potrebbero esporre in una fiera o in una mostra, non si potrebbero collezionare; mancano piattaforme adatte per veicolarli e pur provandoci mi ritrovo a dover chiedere aiuto e collaborazioni a figure e canali fuori dal sistema dell’arte. Sistema, che temo, continuerà a essere ripiegato su sé stesso, a conservare e difendere gli stessi privilegi. Certo, qualche mostra virtuale in più aiuta, aiuta il pubblico, aiuta la bellezza, la visibilità, ma non credo possa essere una soluzione per noi artisti.

Quando tutto questo finirà: una cosa da fare e una da non fare mai più.
Quando questo finirà non vorrò più vedere cibo on line, pane e pizze, ricette anticovid e opinioni di chiunque su tutto, senza i titoli adeguati per farlo. Quando tutto questo finirà, vorrò mantenere la fila al supermercato e il rispetto per la sfera personale altrui. E, soprattutto, vorrò continuare a vedere la gentilezza nelle persone. Siamo tutti più gentili, l’avete notato?

Sono nati nuovi luoghi e spazi alternativi di coesione intorno a te? (pensiamo alle corti dei palazzi, ai terrazzi ecc…).
Ma no, per niente! Io ho preso molto seriamente questo periodo di emergenza sanitaria. Sarà perché il virus mi corre affianco e in più occasioni l’ho visto da vicino, o forse, più probabilmente perché sono una persona con un certo (personalissimo) senso civico che rifletto anche nel mio lavoro. Quindi se sono critica, dura e severa e non concedo nulla a soluzioni provvisorie di convivialità vuol dire che sono presente al mio lavoro, alla mia visione dell’arte e della vita, che il più delle volte coincidono e corrispondono. Io il virus lo rispetto. Anche se terribile, spaventoso, portatore di morte e lutto, il virus è un atto della natura e l’uomo ne è parte. Ma l’umanità… insieme e bellissima, sta dimostrando di essere più unita e consapevole. Il virus ci impone di vivere isolati, ma l’umanità poi arriva a esprimere la sua forza e la sua grandezza necessaria. La coesione e gli spazi di condivisione sono nella consapevolezza di “essere parte del tutto”. Non c’è terrazza o aperiskype che tenga di fronte questa immensa bellezza universale che ci connette da sempre. E torno qui a citare John Donne: No Man is an Island.

Jasmine Pignatelli, con all’attivo diverse esposizioni collettive e personali ha realizzato ultimamente lavori dal forte carattere civico e sociale, frutto di una ricerca intorno ad una Geometria Umanistica. In questo ambito di riflessioni realizza nel 2019 la sua ultima mostra personale Heimat | Sharing the Land al Musma di Matera su un nuovo concetto di Patria e l’opera pubblica sul lungomare di Bari Sono Persone dedicata allo spirito di accoglienza dei baresi in occasione dello sbarco dei 20.000 albanesi arrivati con la nave Vlora nel 1991. Nel 2017 inaugura a Laterza la scultura pubblica Locating Laterzarealizzata nell’ambito di un progetto del Segretariato Regionale MiBACT con bando pubblico. Nel 2015 è invitata con tre installazioni alla mostra La Scultura Ceramica Contemporanea in Italia presso la GNAM di Roma.
Le sue gallerie di riferimento sono Misia Arte & Cellule Creative, Bari; Kou Gallery, Roma; Sinopia Galleria, Roma; Gigi Rigliaco Gallery, Galatina. www.jasminepignatelli.it