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Elena Hamerski da Forlì

Com’è cambiato il tuo modo di lavorare?
Ho passato gran parte degli ultimi mesi sempre in macchina, di corsa, stanca e con pochissimo tempo da dedicare alla ricerca del mio lavoro. Prima di questa sospensione nel tempo, la mia libertà di ricerca affannava un po’ come un pesce rosso senza scampo chiuso in un acquario. In questi giorni sospesi di reclusione, ho ritrovato la possibilità di sperimentare molto. Mi dedico al disegno in tutte le sue svariate possibilità, senza darmi dei paletti tecnici ma con la possibilità di seguire il flusso dell’idea o la sensazione del materiale, sperando di trasformarlo in uno dei miei libri. Tutto questo è stato utile per ritrovarsi e permettersi di ristrutturare il proprio tempo.

Cosa ti manca? La tua personale esperienza dell’“assenza” e della “mancanza”.
Come a tutti mi mancano molte cose, alcune persone, tanti luoghi e alcune idee. Le idee per me nascono da una condivisione diretta che si ha in un confronto pelle a pelle e non con una videochiamata. Potersi confrontare con le persone in dei luoghi fisici mentre si fanno delle cose vere insieme, per me è un modo per conoscere, sedimentare, far crescere qualcosa dentro di me. In queste settimane per un momento ho azzardato anche a un ritorno, nel mio lavoro, alla rappresentazione della figura umana, forse proprio per questa mancanza fisica.

Musei e gallerie hanno reagito al momento con la digitalizzazione e la virtualità. Quali sono le tue “strategie” per instaurare nuove relazioni?
Dal 2015 ho attivato un progetto in rete, “change!” che si base sulle relazioni tra artisti, attraverso lo scambio di un’opera da far abitare per un po’ nello studio altrui; in questa occasione ho attivato un nuovo progetto sempre racchiuso all’interno del primo dal nome “24/02/2020”, invitando gli artisti a mostrare con una foto il proprio studio, spazio di fortuna, angoli di case ecc… così com’è in quel momento. Il tutto poi viene pubblicato giornalmente sulle piattaforme che ho usato per il primo progetto, caricando le foto, e le risposte degli artisti invitati, mettendo in scena una sorta di scambio epistolare tra artisti e spazi privati, quotidiani e di pensiero. Credo che l’arte, in quanto pensiero sia libera e senza confini, ora più che mai ce lo dobbiamo ricordare.

Quando tutto questo finirà: una cosa da fare e una da non fare mai più.
Abbracciare forte chi non ho potuto abbracciare e non abbracciare più chi non volevo abbracciare. Questo vale anche per il mondo dell’arte.

Elena Hamerski (Forlì 1989) si è diplomata all’Accademia di Belle Arti di Bologna. La sua ricerca è caratterizzata dall’interesse per il mondo naturale in stretto contatto con il mondo artificiale, un’analisi scientifica ed emotiva del mondo in cui viviamo. La natura è presa in esame come elemento fertile ma anche sterile del mondo. Ciò che l’affascina di più è proprio questa doppia faccia della medaglia: da una parte il lato materno della natura e dall’altro quello “matrigno”. Il più delle volte sono entrambi contenuti nello stesso elemento. Nel 2012 ha vinto il Premio Terna. Nel 2018 si è aggiudicata anche il Premio Speciale Residenza Dino Zoli Textile all’interno di Arteam Cup 2018, con una mostra personale alla Fondazione Dino Zoli a cura di Nadia Stefanel nel settembre 2019. Vive e lavora a Forlì. https://elenahamerski.tumblr.com/