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Annalisa Ferraro da Napoli

Con quali oggetti e spazi del suo quotidiano stai interagendo di più?
Nella mia nuova casa a Napoli, in cui mi sono trasferita circa un anno prima della quarantena, non avevo mai trovato le giuste condizioni per lavorare nel mio piccolo studio, stanza che avevo fortemente voluto, ritenuta da me indispensabile per affrontare impegni e scadenze professionali. Durante la quarantena, invece, la mia scrivania, la lampada dalla luce soffusa, la postazione pc, sono diventati il mio spazio sicuro, il luogo in cui rifugiarmi per credere che la normalità, la mia routine, le mie abitudini fossero salde e sicure almeno lì. Più che una stanza dell’illusione, mi piace definirla la mia stanza della speranza, l’àncora a cui mi sono aggrappata quando tutto sembrava spaventosamente immobile e silenzioso, alterato nel profondo. Devo dire che però anche qualche sana, divertente e competitiva partita alla x-box mi è servita da carica per superare infinite giornate sempre uguali a se stesse.

Abbiamo a che fare con un tempo e uno spazio nuovi. Cosa stai scoprendo o riscoprendo di te?
La forza, la tenacia, l’entusiasmo, ma anche la capacità dell’autoassolvimento. Ho sempre pensato di essere una persona troppo sensibile per essere veramente forte, troppo perfezionista per essere davvero sicura di me e dei risultati raggiunti, troppo ambiziosa per potermi dare una tregua. Eppure, questa pausa forzata, per me come per tanti altri, si è rivelata un buon momento per conoscersi di nuovo, per approfondire cambiamenti che avevo consciamente o inconsciamente attraversato ma che non avevo mai avuto il tempo di esaminare. Ho scoperto quindi la capacità di autoassovilmento, perché tanti dei buoni propositi della quarantena non sono riuscita a rispettarli. Mi sono sforzata di perdonarmi, perché ho capito quanto fosse importante imparare a rispettare il proprio corpo ma forse ancora di più la propria mente. In un periodo così vuoto eppure così pieno e pesante, ho capito che darmi obblighi, caricarmi di impegni, prefissarmi dei risultati da raggiungere non mi avrebbe dato tempo e modo di capire ciò che stava accadendo attorno a me, ciò che stava accadendo in Italia e nel mondo, e dopo non ne sarei uscita arricchita, né più acculturata per i libri letti o i webinar seguiti, piuttosto certamente inaridita, completamente alienata, di certo più inconsapevole. Bisogna avere il coraggio di accettare la paura, la nostalgia, la tristezza, io ho provato a farlo ogni giorno durante la quarantena, nella certezza che quello fosse il primo passo da compiere per un buon superamento di ciò che stava avvenendo.
Ho scoperto però anche la forza, la tenacia e l’entusiasmo del “dopo”, perché sono carica come forse non mi sentivo da molto tempo, desiderosa e impaziente di dedicarmi al mio lavoro, a vecchi e nuovi progetti, a quelle collaborazioni professionali sane e proficue che da tempo mi impegno a coltivare. Sono convinta che molti professionisti del mio settore e molte piccole e medie realtà artistiche e culturali attive sul territorio nazionale abbiano imparato tanto da questo periodo buio. Penso che sia il momento giusto per tornare a dare spazio a progetti di qualità, che interagiscano con quell’immenso substrato storico, storico-artistico e paesaggistico che rende l’Italia un Paese unico al mondo, e mettano a frutto quella creatività e quello spirito di innovazione che da sempre identificano il nostro popolo. Penso anche che sia giunto il momento di investire sul nostro contemporaneo, per premiare le ricerche, l’impegno e i sacrifici dei nostri artisti. Sono convinta che sia arrivato il tempo di recuperare il valore della cultura diffusa e collettiva, in grado di muoversi trasversalmente nella società e di occupare ogni luogo sociale, perché mai prima di ora avevo avuto la così netta sensazione che proprio nella cultura, nell’arte, nella conoscenza il popolo avesse provato a trovare serenità e pace, la forza per affrontare l’isolamento e per superare il distanziamento sociale. Bisogna ripartire da queste impellenti necessità e da queste importanti risposte del pubblico, e fare tesoro di quell’atto del reinventarsi che i musei, le gallerie, le fondazioni, le associazioni, i liberi professionisti hanno dovuto e saputo mettere in campo in tempi record, conservandolo e reinvestendolo in nuove prospettive. Abbiamo davanti una possibilità unica, più che ricostruire per ripartire, ricostruire per migliorare, non possiamo correre il rischio di sprecarla.

Cosa ti manca? La tua personale esperienza dell’“assenza” e della “mancanza”.
Non sono una persona a cui piace prendere parte alla vita mondana, non amo uscire tutte le sere e non frequento moltitudini di persone. Mi piace però poter curare i rapporti, stabilire un contatto frequente e costante con le persone a cui voglio bene, prendermi cura di quelle relazioni umane in grado di arricchirti, compensarti, accompagnarti in un percorso di vita. Quindi, se dovessi parlare delle mie più sentite mancanze durante la quarantena, parlerei sicuramente dell’assenza forzata di contatto umano, della lontananza, non quantificabile in kilometri, che ha separato me, la mia famiglia e quelle persone che fanno parte del mio quotidiano.
Al secondo posto metterei sicuramente i viaggi. Anche qui faccio una premessa che ritengo importante. Non sono una di quelle persone che approfitta di ogni weekend per macinare km in auto, in aereo, in treno per raggiungere mete da sogno. Amo godermi la città in cui vivo, amo godermi i momenti di relax nella mia casa, recuperare energie e fiato nella mia quotidianità. Negli ultimi anni però il mio lavoro mi ha portato a viaggiare molto, a scoprire nuovi borghi, nuove città, nuovi paesaggi, e a stabilire lì dei contatti che, seppur probabilmente solo di passaggio nella mia vita, risultano essere importanti nel mio percorso attuale. Questo sì, questo mi è mancato molto, poter tornare in quelle che per me diventano seconde, terze, quarte case, e chi mi conosce sa che quelle città si trasformano facilmente per me in luoghi del cuore.

Musei e gallerie hanno reagito al momento con la digitalizzazione e la virtualità. Quali sono le tue “strategie” per instaurare nuove relazioni? 
Senz’altro anche nel mio caso la digitalizzazione dell’offerta, per quanto compatibile con gli eventi in programma e con gli obiettivi prefissati, è stata la prima strategia adottata per mantenere vivi i rapporti già instaurati e per stabilire nuove relazioni. La fruizione in virtuale ha garantito a me e a tanti altri professionisti del settore di non restare immobili dinanzi a ciò che stava accadendo, consentendo di portare sì avanti alcuni impegni lavorativi ma soprattutto di giocare un ruolo fondamentale, di supporto e di svago, in un momento delicato e decisivo come quello della quarantena cui eravamo stati tutti sottoposti. Nell’ambito del progetto TraMe – Tracce di Memoria (www.tra-me.org/), di cui sono curatrice, con il team dell’agenzia The Uncommon Factory, si è deciso di aderire alla campagna social #iorestoacasa e di accogliere l’invito del Ministro Franceschini di incrementare la diffusione di contenuti culturali tramite i canali web, ripensando in versione digital alcune delle attività previste in calendario. Abbiamo esplorato soluzioni che ci hanno poi permesso di rafforzare l’interazione con i reatini, principali destinatari della nostra iniziativa, ma anche di incrementare il dialogo con il pubblico nazionale, sfruttando al meglio il tempo che le persone costrette alla quarantena avrebbero trascorso on line. L’attività che ha subito maggiori trasformazioni è stata “Il dialogo della conoscenza”, la nostra summer school fotografica, destinata alle ragazze e ai ragazzi di Rieti e provincia, ancora in età scolastica.
Pensato per essere sviluppato nella città di Rieti, attraverso lezioni frontali ed esplorazioni del territorio, volte a cogliere le specificità del contesto naturale e urbano dell’area reatina, il corso si è arricchito, per la situazione sanitaria attuale, di due fasi iniziali nuove: lezioni tecnico-conoscitive in versione e-learning da un lato e una nuova esperienza di ricerca e sperimentazione negli spazi intimi delle abitazioni, nei luoghi in cui gli studenti stavano trascorrendo la loro quarantena, dall’altro.
Se è vero che i progetti culturali devono dialogare con la società a cui si rivolgono e devono rispecchiare l’epoca storica nella quale sono stati calati, allora si è reso quanto mai necessario che il corso di fotografia “Il Dialogo della Conoscenza” si modificasse durante il 2020 per farsi testimonianza di quanto stava accadendo in Italia e nel mondo, rendendosi strumento utile per superare la crisi individuale e collettiva che le persone erano state costrette ad affrontare a causa della diffusione del Covid-19.
L’offerta culturale, anche nella sua versione digitale, ha dimostrato di essere assolutamente in grado di creare valide occasioni di confronto, di approfondimento e di scambio, contribuendo a rendere più leggero il peso della temporanea condizione di isolamento imposta dalle restrizioni nazionali e offrendo stimoli, svaghi e spunti di riflessione. Ha dimostrato inoltre di avere il grande potere di superare ogni confine geografico e qualsiasi limite generazionale, rendendoci fieri di richieste di iscrizione provenienti da ogni parte d’Italia da parte di persone di ogni età.
È chiaro che il confronto de visu tra un docente e uno studente, tra un docente e la sua classe resterà sempre motivo di arricchimento umano e professionale, per entrambe le parti, ma in situazioni di necessità, è stato importante sperimentare nuove metodologie e testarne i risultati. Siamo molto orgogliosi di quanto portato avanti ma soprattutto siamo felici di aver offerto al pubblico del web uno spazio di formazione, un momento di riflessione e l’occasione per un approfondimento sociale e culturale.

Annalisa Ferraro. Storica dell’arte, laureata presso l’Università Federico II di Napoli, specializzata nella valorizzazione e conservazione dell’arte contemporanea.
Dal 2015 collabora con l’Associazione I Martedì Critici. È stata Curatrice Associata delle Residenze d’Artista BoCs Art, progetto di rilievo internazionale che dal 2015 al 2017 ha coinvolto oltre 300 artisti, ed è autrice del volume Bocs Art. Residenze d’artista Cosenza 2015/2016.
È consulente presso l’agenzia The Uncommon Factory di Roma, per le attività storico-artistiche.
Ha curato eventi ed esposizioni in tutta Italia e ha collaborato con alcune tra le più note riviste di settore. Dal 2019 ricopre il ruolo di responsabile artistica e curatrice del progetto TraMe-Tracce di Memoria, una rassegna di eventi sostenuta dalla Regione Lazio e dai Fondi FESR.